I figli in provetta sono “roba“ da ricchi. Una coppia su tre paga di tasca propria

Censis e Fondazione Ibsa: ottenere una maternità con la fecondazione artificiale costa caro. Le tariffe vanno dai 3.000 euro in su. Sempre più anziane le donne che si sottopongono ai trattamenti. Solo il 22 per cento delle coppie riesce ad arrivare alla gravidanza

I figli in provetta sono “roba“ da ricchi. Una coppia su tre paga di tasca propria

I figli in provetta costano e il processo per arrivare alla fecondazione assistita è spesso troppo lungo. La conseguenza ovvia è che le coppie che riescono a coronare il sogno di avere un figlio grazie alla PMA, Procreazione medicalmente assistita, sono sempre più mature, istruite e con un lavoro stabile e ben retribuito.
Sono i risultati delle ricerca «Diventare genitori oggi: il punto di vista delle coppie in Pma», realizzata dal Censis in collaborazione con la Fondazione Ibsa, presentata a Roma da Ketty Vaccaro, Responsabile area Salute e Welfare del Censis, e Giuseppe Zizzo, Segretario della Fondazione Ibsa, e discussa da Filomena Gallo, Andrea Lenzi, Donella Mattesini, Giulia Scaravelli, Filippo Maria Ubaldi e Laura Volpini.

A otto anni di distanza dalla prima ricerca sul tema[/TESTO] si alza l’età media sia dell’uomo (dai 37,7 anni del 2008 ai 39,8 anni del 2016) sia della della donna (da 35,3 a 36,7 anni). Entrambi hanno un livello di istruzione più elevato e una condizione professionale più stabile. Passano anni prima di prendere la decisione di accedere alla fecondazione artificiale perchè il percorso dall’acquisizione della consapevolezza di non riuscire ad averli naturalmente e la decisione di rivolgersi ad un centro specializzato è lungo e lastricato di dubbi e difficoltà. Le coppie passano in media quasi 4 anni tentando di avere un figlio dopo aver gia trascorso almeno un anno e mezzo a tentare di concepirlo senza aiuti. Si dilatano anche i tempi tra i primi dubbi e la scelta di rivolgersi al medico (10,9 mesi contro i 9,2 mesi del 2008). Dal primo contatto con il medico al ricorso al primo centro di Pma trascorre poco più di un anno (12,7 mesi), un percorso ancora più lungo per le coppie meno istruite (19,2 mesi). Il ginecologo è il professionista a cui si rivolge la maggioranza delle coppie (72%) e rispetto al 2008 è raddoppiata la quota di chi si è rivolto direttamente allo specialista del centro di Pma (14%). Solo al 55% delle coppie è stata riconosciuta una condizione clinica come causa specifica dell’infertilità (circa 9 punti percentuali in meno rispetto alla precedente indagine), che è stata individuata nel 40% dei casi dallo specialista del centro e nel 36% dei casi dal ginecologo.

I tempi di attesa son diversi anche a seconda della centro scelto. Il 33% delle coppie ha atteso in media meno di 3 mesi prima di iniziare la terapia (si sale al 49% nel caso delle coppie che si sono rivolte a centri privati), il 26% ha atteso tra i 3 e i 6 mesi (si sale al 41% nel caso di pazienti in cura presso strutture private convenzionate), il 24% ha iniziato i trattamenti dopo 6-11 mesi (si sale al 32% tra le coppie in cura presso centri pubblici), il 17% ha atteso un anno e oltre prima di accedere ai trattamenti (la percentuale aumenta al 29% tra chi si è rivolto al pubblico).

Differenze sostanziali anche per i costi a seconda dell’area di appartenenza. I più sfrotunati sono i cittadini del Centro dove proliferano le cliniche private più costose. Soltanto per il 14% delle coppie i costi della Pma sono stati sostenuti interamente dal Servizio sanitario regionale mentre il il 49% ha pagato il ticket Una percentuale molto altra, il 35%, invece ha pagato interamente le prestazioni di tasca propria, soprattutto nelle regioni dove è più forte la presenza di strutture private, cioè al Centro (dove la percentuale di chi ha pagato di tasca propria sale al 67%) e al Sud (dove si arriva al 51%). Gli aspiranti genitori che hanno speso tutto di tasca loro hanno dovuto sborsare in media 4.000 euro (4.200 euro al Nord, 5.200 al Centro, 2.900 al Sud). Per chi ha pagato il ticket presso centri pubblici e privati convenzionati, il costo è in media di 340 euro (280 euro al Nord, 700 al Centro, 370 al Sud).

Avere un figlio con la PMA non è facile dal punt di vista tecnico ma anche dal punto di vista psicologico. Per l’82% delle coppie la frustrazione derivante dai tentativi di concepimento falliti ha un impatto negativo sul vissuto quotidiano. Per il 61% la difficile conciliazione tra le esigenze della terapia e del lavoro costituisce una fonte di disagio. Per il 52% il problema dell’infertilità si è trasformato in una sorta di ossessione che rende quasi impossibile pensare ad altro. Il 46% teme gli effetti collaterali delle terapie. Il 42% fa riferimento, come fonte di disagio, alla medicalizzazione di aspetti della vita intimi e personali, come la procreazione e la sessualità. Per il 41% è un problema sentirsi diversi dalle altre coppie. Il 30% denuncia una scarsa comprensione e condivisione del problema da parte dei familiari più intimi e degli amici (un problema che riguarda principalmente le coppie più giovani: 42%).

Un percorso difficile e complesso porta le coppie intervistate a dichiararsi favorevoli ad una legge aperta che non ponga altri ostacoli oltre a quelli che già si devono affrontare. Dunque sì alla possibilità di selezionare l’embrione per eliminare situazioni di grave malattia per il 90 per cento degli intervistati e sì all’eterologa per l’81%. Rispetto alle possibilità di accesso alla PMA per le coppie omosessuali il 46% delle coppie ritiene che dovrebbero essere eliminate le restrizioni al ricorso all’«utero in affitto», per il 45% la Pma dovrebbe essere consentita anche ai single e per il 42% anche alle coppie omosessuali.

«Le coppie attualmente impegnate in un percorso di Pma cominciano sempre più tardi a cercare una gravidanza, come dimostra l’incremento dell’età media dei partner, il che impatta sulle possibilità di successo delle tecniche: la percentuale di gravidanze sulle coppie trattate, considerando tutte le tecniche, è attestata intorno al 22%», ha detto Ketty Vaccaro, responsabile dell’area Welfare e Salute del Censis. «Sono coppie privilegiate sotto il profilo sociale ed economico, il che fa supporre che l’accesso al percorso sia difficile, se non precluso, a chi ha meno risorse e livelli di istruzione più bassi.

Per queste coppie il percorso di Pma appare più lungo e complesso ed è comunque fortemente differenziato a livello territoriale, anche a causa di una offerta caratterizzata dalla prevalenza di strutture private», ha concluso Vaccaro.

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