I film? Canale 5 li abolisce La Rai li confina nella notte

Michele Anselmi

da Roma

Ma come, non era stata la tv a uccidere il cinema nelle sale programmando troppi film? Veltroni lanciò la mitica campagna «Non si interrompe un’emozione», gli autori si mobilitarono contro la pioggia di spot, si invocò a gran voce il ritorno del cinema italiano in prima serata per sottrarlo alle visioni notturne su Raitre. Nel frattempo, però, tutto è cambiato. Il consumo casalingo di cinema ha preso altre vie, sicché il film del lunedì sera su Raiuno o Canale 5, a lungo quasi un rito familiare, s’è ridotto a ben poca cosa. E allora la rete ammiraglia di Mediaset ha deciso: da gennaio niente più film in prima serata. Costano molto e piacciono poco. Un solo dato: in soli quattro anni, dalla 2002 al 2006, il rendimento dei primi cento film Rai e Mediaset è sceso dal 24,1 per cento di share al 18,4. Perfino Harry Potter e 007 ormai fanno cilecca in prima serata, soccombendo alla fiction. Figurarsi Nanni Moretti.
La controprova? Due domeniche fa Ma che colpa abbiamo noi, programmato su Canale 5 con lo slogan «I Cesaroni traslocano a casa Verdone», è stato letteralmente doppiato dalla serie Capri in onda su Raiuno: 7 milioni e 366 mila spettatori contro 3 milioni e 433 mila. La sera dopo Vacanze di Natale 2000 dei Vanzina ha toccato a fatica i 5 milioni di spettatori. E mercoledì Una settimana da Dio con Jim Carrey è terminato con 4 milioni scarsi di spettatori, mentre su Italia 1 furoreggiava Dr. House. Non sono prime, d’accordo. Infatti ogni tanto il miracolo riesce, specie con gli italiani: l’anno scorso Io non ho paura di Salvatores (Canale 5) e La finestra di fronte di Ferzan Ozpetek (Raiuno) superarono di molto il 30 per cento. Mosche bianche, però. Di recente il kolossal Alamo, trasmesso su Raidue, è sceso sotto il 10, Hidalgo. Oceano di fuoco idem, Master & Commander su Rete 4 ha totalizzato il 10,4. Appena meglio, in proporzione, sono andati L’ultimo samurai con Tom Cruise e Tu la conosci Claudia? con Aldo, Giovanni e Giacomo: entrambi si sono dovuti accontentare del 19 per cento.
Insomma, il cinema sulla tv generalista è in picchiata libera. Lo ricorda anche una ricerca appena elaborata dalle università Bocconi e Cattolica, È tutto un altro film, dove si nota che tra il 2000 e il 2004 i titoli trasmessi dalle tv free sono scesi da cinquemila a quattromila, con un ulteriore crollo nel 2005. Non si meraviglia del fenomeno il produttore Riccardo Tozzi, titolare di Cattleya e già dirigente di Mediaset. «Parlerei per un 30 per cento di crollo fisiologico, per il resto di patologia italiana», teorizza. Patologia? «Sì. Non saprei come altro definire la pirateria pazzesca sul fronte dell’home video. E intanto la pay moltiplica lo sfruttamento. I quattro milioni di abbonati di Sky equivalgono a dieci milioni di spettatori, se pensiamo che un film passa fino a centoventi volte, il conto è presto fatto». Tutta colpa di Sky allora? «Ma no. Sono bravi e intraprendenti, hanno intercettato un pubblico nuovo, più giovane e dinamico. Se solo pagassero meglio i film... In più la free è un campo di wrestling, dove si cambia programmazione ogni due-tre giorni. Così il film diventa un tappabuchi».
Ne consegue, come ad agosto annunciò Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, subito bersagliato da l’Unità, che il cinema non può più essere considerato una programmazione d’attacco. «In effetti... Ormai il film arriva da noi spompato, buon ultimo, dopo essere passato attraverso Blockbuster, l’affitto, la pay-per-view, l’edicola, Sky, eccetera. In soldoni, 4-5 punti di share in meno», commenta Marco Paolini, direttore marketing strategico di Mediaset. Paolini invita a non considerare il cinema tout court. «Ad esempio, i film italiani vanno meglio perché ricordano, nel clima e nelle storie, la fiction migliore. Il cinema americano, invece, è fortemente segmentato. L’horror, la fantasy, i film per teen-agers non marciano sulle reti generaliste». Risultato? «Un tempo i nostri film di punta superavano il 30 per cento di share, oggi se fanno il 22 mi accontento».
Già. E non si può più nemmeno dare la colpa agli intermezzi pubblicitari, regolati per legge: due sulle reti Rai, tre su quelle Mediaset. «Vero, la pubblicità non c’entra. Si sono moltiplicati i filtri tra uscita in sala e approdo in tv», conferma Giancarlo Leone, vicedirettore generale della Rai. «Quella annunciata da Confalonieri è sicuramente una svolta storica, in linea con la politica commerciale dell’azienda. Noi, pur avendo ridotto la programmazione di film in prima serata da 200 a 120-130 all’anno, continueremo a proporre cinema, con appuntamenti fissi e cicli tematici». In pratica? «Il cinema spettacolare con grandi cast andrà su Raiuno, il cinema thriller e d’azione su Raidue, e comunque sperimenteremo sempre più spazi di seconda serata, su tutte le reti, dedicati a film di qualità italiani ed europei». Vedremo. Intanto la cronaca registra l’ennesimo exploit di Pretty Woman.

Mercoledì scorso, al suo sedicesimo passaggio su Raiuno, la coppia Gere-Roberts è riuscita a farsi vedere da quasi 5 milioni di spettatori, con uno share del 20. Un evergreen da controprogrammazione. Mentre l’altra sera Il principe e il pirata, al secondo passaggio su Canale 5, ha raggiunto il 22,5, in linea con quanto si attende per la rete ammiraglia Mediaset.

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