È stata «musa» di Federico Fellini e «icona» di Pier Paolo Pasolini, e nella sua lunga carriera Caterina Boratto ha affrontato i set più disparati (dai film cappa e spada agli spaghetti western, passando per i capolavori dei migliori cineasti della scena italiana degli anni Cinquanta e Sessanta). Eppure è la Francia a riconoscerne il valore professionale e artistico e a premiarne la figura. Classe 1915, torinese ma romana d'adozione, Caterina Boratto ha ricevuto questa mattina nel suo appartamento dei Parioli una delegazione guidata da Frédéric Mitterand, direttore dell'Accademia di Francia, con un passato di regista e sceneggiatore. Il rappresentante di Sarkozy presso il mondo culturale italiano ha voluto consegnare personalmente alla signora Boratto la Medaglia d'oro di Villa Medici quale prestigioso segno di stima per una carriera lunga e inimitabile anche se caratterizzata da un basso profilo che ha fatto dell'attrice torinese una affascinante e discreta antidiva. E con la stessa discrezione si è consumata la piccola e toccante cerimonia davanti a figli e nipoti dell'attrice italiana. Il suo esordio cinematografico al fianco del celebre tenore Tito Schipa risale al 1937 in «Vivere!» di Guido Brignone. Il suo fascino e la sua altera bellezza superano i confini nazionali e gli oceani, tanto che la Metro Goldwy Mayer le offre un contratto settennale che l'attrice, però, non potrà onorare a causa dello scoppio della guerra. Negli anni Quaranta spopola in pellicole melodrammatiche (spesso in coppia con Amedeo Nazzari) e nei film di Blasetti. Fellini la traghetta nel cinema d'autore offrendole importanti ruoli in «8 e 1/2» e «Giulietta degli spiriti».
Per Pasolini, invece, partecipa alla realizzazione del controverso «Salò e le 120 giornate di Sodoma». L'ultima apparizione sul grande schermo è del 1992 nella pellicola americana «Sette criminali e un bassotto» dove la Boratto recita al fianco di Sean Young, James Belushi e Giancarlo Giannini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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