Sarà che la tribù dispersa e martoriata del garofano si rivede qui ormai dal ’99 e ha diritto ad un segno forte. Sarà che il tempo sta finalmente facendo giustizia dei giustizialisti. Sarà pure che ora, nel piccolo cimitero cristiano sotto le mura della Medina, le tombe dove riposano gli affetti son diventate due, al padre s’è aggiunta la nonnina. E sarà forse anche il fatto che il fratello si candida alle europee, dunque ha bisogno di appoggio. Tant’è che sembra spuntar la pace dei Craxi.
Ieri, nella raccolta commemorazione del 9° anniversario della scomparsa dell’esule di Hammamet, davanti a tre o quattrocento persone giunte da ogni regione d’Italia, con l’omaggio del governatore di Nabeul e dei fiori - garofani rossi e bianchi - del presidente tunisino Ben Ali. Le istituzioni italiane? Ambiguità ed incertezza son la cifra costante della politica nostrana, Prima o Seconda Repubblica cambia poco. Comunque Stefania poteva esser letta in più ruoli, quello di figlia, sorella, nipote e pure rappresentante del governo, essendo sottosegretaria agli Esteri. La novità, sul piano umano e politico, che tutti hanno registrato sotto le tamerici riscaldate da un pallido sole, è che i due fratelli Craxi si sono rivelati molto vicini.
Beninteso, alcune differenze politiche restano nette. Stefania Craxi resta saldamente nel Pdl, la sua Fondazione e i circoli della Giovane Italia che le fanno riferimento non mettono minimamente in discussione la scelta di campo. Altrettanto Bobo Craxi, che non abbandona il tormentato progetto del Partito socialista nonostante i colpi ricevuti dai due «signori» del centrosinistra, e con quel simbolo sarà candidato alle elezioni europee nel Sud. Un particolare però colpisce, seppur di lungo respiro: sulle prospettive di revisione storica e politica della «falsa rivoluzione», su quanto sta avvenendo in Italia in queste settimane, su Walter Veltroni e Antonio Di Pietro, i due fratelli dicono le stesse cose. Di più. Fra i trecento non più giovani ma ancora forti che ieri rendevano omaggio alla tomba di Bettino Craxi, si contava la cinquantina di crociati/croceristi del Garofano rosso di Donato Robilotta (che sta nel Pdl), altrettanti guidati dall'europarlamentare Alessandro Battilocchio (che sta con Bobo e Nencini), una ventina di amici della Fondazione coordinati dall'onorevole Sergio Pizzolante, qualcuno del Nuovo Psi di Stefano Caldoro (nel Pdl), svariati socialisti “sciolti” in Forza Italia, e ben duecento dell’Uci (Unione coltivatori italiani), con numerose bandiere guidati dal presidente Mario Serpillo. Altro che diaspora e separati in casa, direte voi. Ma sulla “strana coppia” rimasta padrona della sinistra e prigioniera di se stessa, e su un futuro molto prossimo di giustizia, tutti, ma proprio tutti, dicono le stesse cose.
A tutti danno voce univoca i fratelli Craxi, dopo essersi salutati con affetto dandosi appuntamento all’aeroporto di Tunisi per prendere lo stesso volo. Mentre i fedelissimi craxiani si raccontano a vicenda come, davanti alla tomba del leader sommersa di garofani rossi e messaggi del tipo «Il tuo sangue sta ricadendo sui falsi moralisti e ipocriti», i Craxi si tenessero stretti, raccolti in muta preghiera, Bobo stringendo alle spalle la madre a destra e la sorella a sinistra.
Che cosa suscita in Stefania, quel che sta avvenendo ora, a 9 anni dalla morte del padre e 15 dalla tempesta di Mani Pulite? «Alcune riflessioni», quelle fatte da Craxi in Parlamento in quel torrido e soffocante luglio del '92, quando sfidò ogni «responsabile politico» a pronunciare un giuramento in senso contrario alle verità da lui crudamente e lucidamente esposte, perché «presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro»; e poi, la sua esortazione al Parlamento a «volare alto». Stefania s’augura che s’affacci un qualche «dirigente politico disposto a raccogliere» e far propri quei due messaggi. Perché? «Perché questo nostro Paese uscirà dalla transizione infinita solo quando imparerà a fare i conti con se stesso e con la verità», è la risposta. Di Veltroni e Di Pietro è presto detto: «Sono così piccolini... E ora la ruota gira anche per loro. Non mi illudo che sappiano fare i conti con la storia e con se stessi, ma una speranza la nutro: che smettano di darci lezioni di moralità. Sapevamo già allora che non avevano titoli per farla, ora ne stanno fornendo le prove agli italiani».
Sulla stessa linea, Bobo: «Alla luce di quanto sta avvenendo ed emergendo, ora si pone il problema del riconoscimento in patria del cittadino Bettino Craxi. Dopo dieci anni, possiamo dire che non ci fu il caso Craxi, il caso C. come lo chiamava lui, ma un delitto, il delitto Craxi».
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