Sosteneva Prezzolini che la coerenza è la virtù degli imbecilli. Di certo non sospettava che la sua massima sarebbe diventata lo slogan dei politici di mezzo mondo. Il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso poi, come minimo se la sarà fatta tatuare. Leader dei giovani maoisti portoghesi ai tempi dell'università, oggi si ritrova a essere saldamente ai vertici dei Partito socialdemocratico, forza centrista e conservatrice del Parlamento di Lisbona.
Con un simile salto della quaglia nel curriculum, Barroso non è nemmeno arrossito ieri, quando ha chiesto all’Italia di stare attenta al suo bilancio. Un bel predicozzo, firmato con una mano, mentre con l’altra spediva la richiesta di aumentare i fondi da spendere per il bilancio della Commissione guidata da lui. Il rubicondo Barroso ha incarnato così perfettamente la linea politica della burocrazia europea, l'unica casta che nemmeno di fronte alla più nera delle crisi ha preso in considerazione l'ipotesi di porsi qualche limite. Anzi.
Sono fatti così i dietologi di Bruxelles, agli Stati membri ogni giorno prescrivono pane e acqua e intanto per sé ordinano caviale e foie gras.
Ieri qualcuno deve averlo fatto notare a Barroso, perché in giornata ha cercato di metterci una toppa con un comunicato del suo portavoce in cui si sottolinea che «in alcun modo, le dichiarazioni del presidente debbono essere interpretate come una critica alla politica di bilancio dell'Italia», visto che «la Commissione europea ha riconosciuto a più riprese che la gestione prudente della finanza pubblica italiana durante la crisi - inclusa l'ultima manovra di bilancio - è stata essenziale a proteggere l'economia e il sistema finanziario dalla turbolenza dei mercati finanziari».
Sta di fatto che invitare gli Stati membri al risparmio per Bruxelles ormai è un mantra. E ora i governi dell'Unione hanno deciso di rispondere con la stessa medicina. A settembre si discuterà il prossimo bilancio della Commissione: Bruxelles ha proposto un budget da 142,6 miliardi di euro e i 27 capi di Stato hanno chiesto un taglio di 800 milioni. Solo una sforbiciatina in apparenza, ma strategica: la maggior parte del bilancio comunitario in realtà se ne va per le politiche agricole. Ed è sul capitolo dedicato alle spese di funzionamento della Commissione, una voce in perenne crescita, che i governi hanno concentrato le richieste di tagli.
Per il prossimo anno, Barroso aveva chiesto un aumento da 8 a 8,3 miliardi delle spese necessarie a far funzionare i suoi uffici. Un aumento mica trascurabile di questi tempi: il 4,4 per cento, pari a due volte e mezza il tasso di inflazione dell'Ue.
Oltretutto la Commissione è riuscita a convincere il Parlamento europeo della necessità di costituire un vero corpo diplomatico europeo che, a regime, conterà 8.000 dipendenti. Col paradosso che l'unione non ha ancora una vera politica estera, ma avrà una propria diplomazia. E la spesa per il maxi progetto non è ancora contabilizzata nel bilancio. L’idea della Commissione? Farsi assegnare i proventi delle tasse aeroportuali.
Ora però i governi, Londra e Berlino in testa, hanno finalmente acceso il semaforo rosso sul proliferare delle spese. Il Consiglio europeo, l'organismo che rappresenta i Ventisette, ha prima dimezzato l'aumento di stipendio del 3,7% richiesto dai funzionari di Bruxelles.
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