Roma

I genitori di Rignano Flaminio: «Così siamo stati emarginati»

I legali chiedono la scarcerazione: «Prove inquinate». Dal Pm nuove contestazioni davanti al tribunale del Riesame

I genitori di Rignano Flaminio: «Così siamo stati emarginati»

Il caso Rignano? «Una tragedia trasformata in un processo mediatico. Solo i giudici hanno il compito di stabilire cosa è accaduto ai nostri bambini». Aspettano la decisione del Riesame con tranquillità, si dicono fiduciosi nell’inchiesta di carabinieri e Procura, ostentano una calma apparente. Poi esplodono quando raccontano il clima dentro e fuori la materna degli orchi, la struttura che persino il sindaco, Ottavio Coletta, chiede di abbattere.
Sono i genitori della Olga Rovere di Rignano Flaminio, da oltre un anno al centro della maxi inchiesta su pedofilia, violenze sessuali e maltrattamenti. «Se i magistrati romani decideranno per gli arresti domiciliari o, addirittura, la scarcerazione - spiega Arianna Di Biagio, vicepresidente dell’Agerif, l'Associazione genitori Rignano Flaminio - vorrà dire che non ritengono pericolosi i sei indagati oppure che sono innocenti. Il nostro pensiero va al di là di posizioni innocentiste o colpevoliste. I nomi delle maestre e degli altri 3 personaggi in carcere non sono stati suggeriti da nessuno. Sono stati individuati dai carabinieri dopo una serie di indagini e riscontri incrociati». «Noi - prosegue - siamo schierati dalla parte dei bambini. Le vittime che qualcuno a volte dimentica. Che è accaduto qualcosa è certo. I referti medici ci sono, le prove che qualcuno ha somministrato tranquillanti ad almeno due bambine anche. Per non parlare delle visite pediatriche avvenute in vari ospedali specializzati e delle perizie. Insomma, da un anno cerchiamo solo di proteggere i bambini. Tutto questo, in paese, non è piaciuto e siamo stati emarginati».
Da ieri, intanto, il collegio presieduto dal giudice Bruno Scicchitano della Procura di Roma sta valutando la posizione delle maestre Patrizia Del Meglio, Marisa Pucci e Silvana Candida Magalotti, della bidella Cristina Lunerti, dell’autore televisivo Gianfranco Scancarello e dell’ex benzinaio Kelum Weramuni De Silva, nel carcere di Rebibbia dal 24 aprile. Al vaglio del Tribunale della Libertà le oltre mille pagine depositate dal pm Marco Mansi al gip Elvira Tamburelli, i filmati registrati dai genitori, nonché le nuove perizie sul secondo gruppo di bambini interrogati dalla psicologa Marcella Battisti Fraschetti. Presenti in aula la Del Meglio, suo marito Scancarello e Kelum De Silva.
Alla base dei ricorsi, per i difensori degli indagati, l’infondatezza delle accuse e l’inquinamento delle fonti (i filmati dei bambini). Fase in cui la difesa cerca di smontare, pezzo a pezzo, la tesi dell’accusa. Entro oggi la mini sentenza, pena lo scadere dei termini di custodia cautelare. Tra gli altri Emilio Salustri, legale della Pucci, ha motivato la richiesta di scarcerazione sui rilievi del Ris che non avrebbero prodotto prove. I carabinieri non avrebbero trovato tracce di sostanze ematiche, biologiche o impronte riconducibili ai minori. A scuola, ieri, una dozzina di bambini sugli oltre 130 iscritti. «Mio figlio da mesi è con me - racconta Simone Rocchini presidente dell’Agerif -, abbiamo provato a trasferirlo in un altro istituto ma quando si capiva che venivamo dalla Rovere dicevano che non c'era posto. Ci hanno voltato le spalle tutti, la scuola si è chiusa a riccio. E della vecchia preside, Clara Boccuzzi, trasferita a settembre senza motivo? Qualcuno si è chiesto il perché? Noi sappiamo solo che quella scuola è inquietante, i passaggi sotterranei li abbiamo scoperti dopo le perquisizioni.

La nuova preside non ci ha fatto entrare nemmeno alla recita di Natale».

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