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I "giocatori anonimi" in Rete per vincere Covid e dipendenza

Il network di auto-soccorso nato sul modello americano opera in 100 città italiane. Ma deve fare i conti con la pandemia

Una stanza in parrocchia o in un edificio messo a disposizione dal Comune. Qui, una volta alla settimana, i giocatori d'azzardo «problematici» si incontrano. Per due ore parlano, raccontano, si sfogano, condividono. Cercando, giorno dopo giorno, di trovare una via di uscita. Succede grazie all'associazione «Giocatori anonimi Italia», una rete di mutuo aiuto nata nel nostro Paese nel 1999 e presente oggi con 112 sedi presenti un po' in tutta Italia.

Non ci sono dirigenti, esperti, psicologi o medici. Le riunioni sono un momento di incontro spontaneo fra persone che soffrono di ludopatia e che insieme provano a superare le difficoltà. A raccontare questa realtà capace di sostenere circa tremila malati di gioco in tutta Italia, è uno di loro: «Abbiamo tutti in comune questo tipo di dipendenza spiega Mario, che preferisce farsi chiamare con un nome di fantasia -. Ci autotassiamo per pagare i locali dove ci incontriamo una o due volte alla settimana. Siamo solo noi, nessun altro può entrare. Affrontiamo la ludopatia aiutandoci reciprocamente»

La prima associazione di questo genere è nata negli Stati Uniti nel 1957, come costola degli alcolisti anonimi. Con il tempo è arrivata in ogni parte del mondo, Italia compresa. «La prima sede è nata a Milano, adesso siamo ovunque tranne che in Sardegna, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta prosegue Mario -. Chiunque si accorga di avere il problema della dipendenza da gioco d'azzardo può chiamarci al numero 338.1271215. Noi lo invitiamo a unirsi ai nostri incontri, durante i quali siamo di solito una decina, massimo 15. La discrezione è garantita, perché sappiamo bene quanto sia difficile chiedere aiuto».

Anche qui il Covid ha un po' cambiato le cose. Le riunioni in presenza sono sospese e il rischio è di rimanere soli. «Abbiamo attivato una rete di sostegno telefonica dice Mario -. E alcuni gruppi stanno usando le piattaforme online, in modo che nessuno possa ricadere in trappola». Perché è solo la condivisione, il racconto dei progressi quotidiani, che può allontanare un malato da sale scommesse e slot machine. «Sfogarsi è fondamentale conferma Mario -. Bisogna essere presenti, partecipare, prendere coscienza di essere dipendenti in recupero. Questo non significa dover necessariamente parlare. In molti restano in silenzio, finché non si sentono pronti».

Nessuno, fra i giocatori, giudica o offre suggerimenti. La semplice condivisione aiuta. «Il meccanismo naturalmente funziona solo se la partecipazione è spontanea avverte Mario -. Negli ultimi mesi vediamo un aumento delle donne e dei minori, che sono generalmente giocatori più nascosti e proprio per questo fanno più fatica a chiedere sostegno. Tutti decidono di venire da noi quando sono consapevoli di aver toccato il fondo». Di solito accade quando sono finiti i soldi o si sono persi tutti gli affetti. «Solo a quel punto scatta la voglia di riprendere in mano la propria vita spiega Mario -. I malati passano il proprio tempo a tentare la fortuna. Sono soli, si rovinano. Quando però cominciano il percorso di recupero capiscono che in fondo al tunnel esiste sempre la luce». La trappola, però, è insidiosa. «Per iniziare basta poco. Anche un semplice gratta e vinci conclude Mario -. Si inizia per provare e, senza neanche accorgersene, ci si ritrova inghiottiti. Specialmente se si è già fragili o se si vive una situazione economica difficile. Capirlo per tempo può salvare la vita.

Poi, lo sappiamo: nessuno guarisce davvero, ma si può imparare a controllare la malattia».

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