MLa disoccupazione giovanile in Italia è un fenomeno importante. Quasi il 30%, secondo i dati Istat, è disoccupato contro una percentuale del 8-9% della media. «Il fenomeno è notevole - dice al Giornale Stefano Colli-Lanzi, presidente e ad di Gi Group, colosso del lavoro interinale con 240 uffici in Italia - ma non dipende solo dalla crisi, che certo lha accentuato. Si tratta di un problema strutturale della società italiana che da anni dimostra uno scarso interesse per i giovani. Basta pensare che la flessibilità lavorativa di chi ha un posto a tempo indeterminato è praticamente nulla. Nel senso che, se anche un addetto è poco produttivo, lazienda deve comunque tenerselo a qualunque condizione».
E questa inflessibilità cosa comporta?
«Le aziende non hanno i soldi da investire sui giovani. Chi è dentro è dentro, e chi è fuori resta fuori. Da parte degli adulti non cè nessun patto generazionale con i più giovani. Chi ha un posto a tempo indeterminato se lo tiene stretto e lo può fare anche se non produce. Se le regole cambiassero ci sarebbero molte più possibilità anche per i giovani».
Ma è solo una questione di contratto?
«No di certo. È importante anche la formazione. In Germania ad esempio i contratti di apprendistato valgono solo il 30% di uno normale, ma la formazione viene fatta davvero. Da noi invece si continua a fare confusione tra stage (che viene pagato poco) e contratto di formazione che viene remunerato quasi come uno normale, ma in compenso la formazione non viene fatta».
Anche la scuola potrebbe fare formazione?
«Anche in questo caso la Germania offre un esempio importante: dopo le scuole medie, tra chi sceglie un percorso intellettuale come il liceo e chi una scuola professionale cè pari dignità. Entrambi possono arrivare alla laurea. In Italia invece solo i peggiori elementi sono avviati alle professionali. Speriamo che questo cambi presto».
E voi cosa fate?
«Abbiamo costruito delle filiali per lorientamento dei giovani anche verso percorsi scolastici specifici che danno maggiori possibilità di trovare lavoro. Un servizio offerto anche a quelli, e sono il 20% del totale, che non solo non lavorano, ma non studiano neppure.
A quante persone date lavoro?
«Abbiamo circa 2.300 dipendenti di cui 1.100 in Italia con 250 milioni di fatturato: troviamo lavoro a circa 50mila persone allanno».