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«Via i giudici dal calcio Caso Inter: archivierò»

Il pm Fabio Roia, che indaga sui disordini dell’euroderby, parla dell’estate calda di pallone e giustizia

Stefano Zurlo

da Milano

«L’Inter è una società sana, molto sana, il vero malato è lo stadio di San Siro, un colabrodo dove entra di tutto. Questo spiega quei 10 minuti di follia la sera del 12 aprile durante il derby Inter-Milan di Champions League». Fabio Roia, pm milanese - titolare della delicata inchiesta sui disordini nell’Euroderby che culminarono con il petardo contro Dida e la sospensione della sfida di Champions - è in vacanza in Sardegna, ma non rinuncia a una chiacchierata sul calcio, i guai del pallone, i calendari fatti e disfatti da un affollato parterre di giudici.
Dottor Roia, cominciamo dalla sua inchiesta. Lei aveva ipotizzato l’associazione a delinquere finalizzata alla turbativa da parte degli ultrà. A che punto è l’indagine?
«È finita. L’Inter è una società sana, molto sana: quell’ipotesi non ha trovato alcun riscontro. Non è emerso alcun indizio a supportare la tesi che alcuni ultrà siano in grado di condizionare o ricattare la società, per ragioni economiche o per ottenere altri vantaggi».
Dunque?
«Si va verso l’archiviazione. L’Inter è stata passata al setaccio e non è emerso niente di negativo. Anzi».
Anzi?
«La società ha avviato una meritoria bonifica di tipo culturale».
Che significa?
«Massimo Moratti non ha alcun rapporto con i capi delle tifoserie che vengono tenuti ai margini della vita societaria. Questi signori, che spesso hanno lunghe fedine penali, non salgono sull’aereo della squadra e non vengono invitati alle feste. Altrove non è così».
A chi si riferisce?
«No comment. L’Inter e pure il Milan, che ha superato tutti gli “esami” e le verifiche di tipo comparativo, sono un gradino avanti nella bonifica. Con l’aiuto della Digos ho effettuato anche un accesso a sorpresa durante un Inter-Livorno di campionato. Bene, gli ultrà avevano rispettato i divieti e non erano penetrati nei settori loro interdetti, come lo spogliatoio. Tutto in ordine».
Sarà, ma il 12 aprile è successo di tutto.
«L’indagine ha dimostrato che gli incidenti non erano premeditati. E la stessa Uefa nel suo rapporto ammette che la gestione dell’ordine pubblico è stata impeccabile prima, durante e dopo il match, a parte quei dieci minuti di follia collettiva».
Sì, ma in quei dieci minuti la tifoseria è sfuggita ad ogni controllo. Le pare poco?
«Lo so. Sono stati lanciati 200 fumogeni e la Uefa non tollera questa situazione. Chi si è trovato in quel contesto è stato contagiato da quel raptus di follia. Il 12 aprile dimostra per me due cose».
La prima?
Al Meazza entra di tutto. Questo è il punto fondamentale che ha accertato l’indagine. Lo stadio è un gruviera, pieno di anfratti. Un controllo accurato da parte delle forze dell’ordine è quasi impossibile, anche perché nel corso della settimana lo stadio è aperto e i teppisti hanno tutto il tempo per organizzarsi. Quel che non viene introdotto nei giorni precedenti passa attraverso i cancelli durante la partita».
I rimedi?
«Anzitutto il rifacimento della recinzione, previsto per il 2007».
L’altro punto critico?
«Se 200 facinorosi sono riusciti a bloccare un match è perché non rispondevano più nemmeno ai loro capi. C’è un problema di leadership nella curva nerazzurra».
E in quella rossonera?
«No, la curva rossonera è più compatta, anche se disomogenea perché è un singolare mix di destra e sinistra. E più appagata dai successi della squadra».
L’Inter giocherà la prossima partita internazionale, fra dieci giorni, a porte chiuse. È la punizione per i fatti del 12 aprile.
«Lei tocca il tema della responsabilità oggettiva. Penso che questa responsabilità debba essere meno oggettiva».
Più elastica?
«Esatto. Se una società ha fatto tutto quel che poteva per prevenire la violenza, non è giusto punirla. Così si fa solo il gioco di frange che sanno di poter ricattare le società».
L’Inter, a suo parere, ha tenuto un comportamento corretto?
«I disordini del 12 aprile sono stati un fatto isolato. E credo che un ruolo positivo l’abbia giocato anche Stefano Filucchi, un ex alto dirigente della polizia recentemente entrato nel team di Moratti».
Il mondo del calcio, non solo qualche tifoso, è in subbuglio. Ormai siamo alla guerra dei calendari.
«Siamo in una situazione di caos e di confusione».
Come uscirne?
«Dobbiamo rafforzare l’autonomia del calcio, ma prima è necessario compiere un passo».
Quale?
«Dare piena terzietà e indipendenza, sul piano contabile e amministrativo, agli arbitri, alla Procura federale, alla giustizia sportiva di primo e secondo grado. Oggi gli addetti ai lavori ci spiegano che non sempre è così. E spesso, troppo spesso, si sospetta degli altri. Arbitri, Procura e giudici sportivi devono tagliare ogni rapporto con la Lega e la Federazione».
A quel punto?
«Io eliminerei ogni competenza residuale del Tar e dei giudici civili».
Via la magistratura dal pallone?
«Senza rimpianti. Con l’ovvia eccezione della lesione dei diritti fondamentali e dei profili penali».
Un’ultima domanda al tifoso nerazzurro Fabio Roia: che impressione le ha fatto la nuova Inter di Roberto Mancini?
«Ho visto in tv Inter-Shakhtar Donetsk.

Se il buongiorno si vede dal mattino sarà una giornata meravigliosa».

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