«I giudici gli facciano vedere la figlia»

Giallo di Gradoli. Protesta davanti al Tribunale di Viterbo dei genitori di Paolo Esposito. Da un mese e mezzo in sciopero della fame perché gli impediscono di vedere la figlia di sei anni, peggiorano le condizioni dell’elettricista accusato assieme all’amante moldava di duplice omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere.
«È dimagrito di 20 chili - spiegano i sanitari del Belcolle - e può andare incontro a gravi patologie che potrebbero metterlo in pericolo di vita». I suoi parenti, il padre Enrico e la madre Maria Lorenzini, si sono presentati davanti a Palazzo di Giustizia con cartelli e striscioni. «Condannato senza un processo», si legge su uno di questi. Assieme agli avvocati del 40enne, Enrico Valentini e Mario Rosati, Esposito, carabiniere in pensione, e la moglie hanno «sfidato» la Procura, «colpevole», secondo loro, di non rispettare un provvedimento emesso nel luglio scorso dal Tribunale dei Minori di Roma che, di fatto, acconsente di far vedere la piccola Erika al padre compatibilmente con le esigenze istruttorie. Dopo l’arresto di Paolo Esposito, avvenuto il primo luglio, e la sospensione della patria potestà sulla piccola, la stessa viene dichiarata teste non attendibile ai fini delle indagini. Dunque non influenzabile da eventuali contatti con l’imputato. Trasferita dall’abitazione dei nonni paterni a una casa famiglia nel viterbese, da allora Erika non ha più visto il papà. «Riusciamo a incontrare nostra nipote - spiegano gli Esposito - solo un’ora il mercoledì e sempre circondati da assistenti sociali. Non si riesce a dire una parola».
Erika, il cui tutore è il sindaco di Gradoli, Luigi Buzi, nel corso del rinvio a giudizio di Paolo e della zia Ala Ceoban, tramite il suo legale, l’avvocato Claudia Polacchi, si è costituita parte civile contro il genitore. Questo perché, in caso di condanna, la piccola ha diritto di rivalersi verso chi, fornendo alibi fasulli e cadendo più volte in contraddizione, non ha aiutato gli investigatori a far luce sulla tragica scomparsa della madre Tatiana, 36 anni, e della sorella Elena, 13 anni, nata dal secondo matrimonio. Un giallo che comincia il 30 maggio 2009 quando le due donne, dopo aver fatto rientro a casa, in località Cannicelle, ed essersi incontrate sia con Paolo che con Ala, svaniscono nel nulla. Inutili le ricerche, cominciate ben due settimane dopo. Le tracce di sangue rilevate dal Ris nella villetta, una serie di conversazioni telefoniche fra Paolo e Ala con cellulari intestati ad altri, bugie e altro fanno scattare le manette per entrambi. Il rapporto fra l’uomo e Tatiana, finito da anni, la mancanza di alibi e un movente valido, sbarazzarsi dell’unico ostacolo alla nuova relazione e l’affidamento completo della bambina, bastano (e avanzano) al gup per rinviarli a giudizio. «È un sopruso. Neppure ad Annamaria Franzoni - commenta l’avvocato Valentini - hanno tolto la patria potestà del figlio.

Non le hanno mai impedito di vederlo e stare con lui. Anzi. Le è stata persino data la possibilità di concepirne un altro. Esposito non è stato ancora giudicato. Perché continuare su questa linea disumana?».
yuri9206@libero.it

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