I giudici di Milano fanno il bis: essere premier non è un impegno

Milano Due ordinanze gemelle, emesse a tre giorni di distanza l’una dall’altra da due sezioni del tribunale di Milano: e i processi a Silvio Berlusconi, che fino ad ora occupavano la ribalta della giustizia milanese, entrano ufficialmente in sonno per molti mesi, forse per un anno. Fino a quando, cioè, la Corte costituzionale non si sarà pronunciata sulla nuova norma approvata dalle Camere per regolamentare gli impegni davanti alla giustizia dei componenti del governo, meglio nota come legge sul «legittimo impedimento».
Venerdì erano state le tre giudici del processo per l’affare Mills a accogliere - ritenendola «non manifestamente infondata» - la richiesta della Procura di sottoporre la nuova norma all’esame della Consulta. E ieri a seguirle sulla stessa strada è stato il collegio presieduto da Edoardo d’Avossa, quello che stava processando il premier e altri undici imputati per la vicenda dei diritti tv. A d’Avossa il premier aveva fatto conoscere - attraverso la segreteria generale di Palazzo Chigi - l’elenco dei propri impegni per i prossimi mesi, indicando come prima data libera per presentarsi in udienza il 20 luglio. La Procura era insorta. E ieri il tribunale fa propri i rilievi avanzati dai pm Sergio Spadaro e Fabio De Pasquale: i privilegi forniti dalla nuova legge al capo del governo e ai suoi ministri potevano essere introdotti solo modificando la Costituzione. E poiché invece si è provveduto con una legge ordinaria, essa viola l’articolo 138 della Costituzione medesima, che stabilisce le procedure per la revisione della Carta fondamentale della Repubblica. Per la norma sul legittimo impedimento i giudici milanesi invocano un pronunciamento della Consulta analogo a quello che due anni fa cancellò il «lodo Alfano», la norma che sospendeva per tutta la durata della legislatura i dibattimenti a carico delle quattro più alte cariche dello Stato.
Tutto a Roma, dunque. Dei processi a Berlusconi non si sentirà più parlare per un pezzo, e insieme al premier vedono congelarsi le loro posizioni anche i suoi coimputati: il giudice d’Avossa ha ritenuto che non avesse alcun senso stralciare la posizione di Berlusconi e andare avanti col resto del processo, vista la complessità della vicenda e i collegamenti tra le varie posizioni. Unico a insorgere, chiedendo che il «suo» processo andasse avanti, è stato Frank Agrama, l’ex regista di film spazzatura divenuto mercante di diritti televisivi e, secondo l’accusa, «socio occulto» del Cavaliere. Agrama, ultraottantenne e malfermo in salute, si protesta innocente e se le cose vanno per le lunghe teme di non arrivare a vedere la fine del processo. Invece dovrà rassegnarsi ad attendere insieme agli altri la decisione della Consulta.
Nell’ordinanza stesa dai giudici si legge che la norma «per la sua ampiezza e indeterminatezza» introduce «una presunzione assoluta di impedimento genericamente collegata allo svolgimento di funzioni governative». Questo fa «venire meno per il giudice qualsiasi possibilità di accertare la sussistenza in concreto dell’impedimento a comparire dell’imputato, inteso come assoluta impossibilità legata a un fatto contingente e non già a uno status permanente». Che una novità di tale portata si potesse introdurre solo mettendo mano alla Costituzione, scrive d’Avossa, lo ammette d’altronde l’articolo 2 della stessa norma che indica «la sua funzione di legge-ponte in vista dell’entrata in vigore della legge costituzionale recante la disciplina organica delle prerogative del presidente del Consiglio dei ministri o dei ministri, così rendendo esplicita la ratio di anticipazione di una disciplina innovativa in materia che deve necessariamente essere introdotta con procedimento costituzionale». «Noi non la pensiamo in questo modo - commenta da Roma il ministro della Giustizia, Angelino Alfano - perché abbiamo approvato una legge ordinaria e attenderemo serenamente il giudizio della Corte Costituzionale».


«È una legge dello Stato che i giudici non vogliono applicare», è il commento di Nicolò Ghedini, uno dei legali del premier, «il nostro obiettivo è fare il processo ed essere assolti per questo avevamo offerto un calendario concordato» tenendo conto che «il mestiere del presidente del Consiglio occupa molto tempo».

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