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I giudici di Milano negano la difesa a Berlusconi

A sorpresa il tribunale cambia la procedura e non applica la sentenza della Cassazione, non concedendo i termini per decidere sul rito abbreviato. L’ira di Ghedini: "Confiscata anche la possibilità di farsi ascoltare"

I giudici di Milano negano la difesa a Berlusconi

Milano «A Silvio Berlusconi è stata confiscata la possibilità di farsi interrogare». È un Niccolò Ghedini visibilmente arrabbiato quello che ieri infila lo scalone del palazzo di giustizia di Milano, al termine dell’udienza a carico del Cavaliere e altri undici imputati per la vicenda dei diritti tv di Mediaset. È stata una udienza tesa, segnata da scontri a ripetizione tra accusa e difesa: a partire da quello sui termini per valutare la possibilità di ricorrere al giudizio abbreviato, aperta da una sentenza della Corte Costituzionale, e invece rifiutata dal tribunale. In realtà le possibilità che il Cavaliere ricorresse al rito abbreviato erano pari a zero, e si trattava dunque di una questione più che altro di principio. Mentre lo scontro cruciale è quello sul calendario delle udienze, sul percorso che questo processo - enormemente complesso - deve seguire per cercare di arrivare prima o poi a conclusione.
Berlusconi, unico tra tutti gli imputati, voleva presentarsi in aula a raccontare la sua verità sulla intricata vicenda - compravendite di diritti cinematografici, conti esteri, presunti falsi in bilancio - al centro del processo. Ma ora, dice, non posso più farlo, e la colpa è del tribunale che ha stravolto l’ordine del processo: «Sarebbe stato mio intendimento - scrive il premier ai giudici - rendere dichiarazioni, ma i miei difensori ritengono che ciò sarebbe erroneo e proceduralmente inaccettabile non essendo esaurita l’assunzione delle prove richieste dal pm e già disposte del Tribunale».
La partita si gioca intorno alle rogatorie inviate all’estero, le richieste di assistenza alle magistrature di Monaco e degli Stati Uniti per fare finalmente luce - secondo la stessa Procura - sull’intreccio di conti e di royalties intorno a cui sarebbero stati creati i fondi neri di Mediaset. Finora non si sapeva se e quando si sarebbero potute realizzare. Così la Procura per stringere i tempi aveva chiesto e ottenuto che in attesa delle rogatorie si iniziassero a interrogare gli imputati. Ma come posso rispondere e difendermi, dice in sostanza Berlusconi con la sua lettera, se ancora non si sa esattamente quali sono le prove a mio carico?
Nell’udienza di ieri, in realtà, uno spiraglio era sembrato aprirsi: il tribunale annuncia che sia da Montecarlo che dagli Usa sono arrivati annunci di disponibilità. Il principato di Monaco ha anche fissato una data: 23 marzo. Fermiamo tutto in attesa della rogatoria, chiedono a quel punto tutti gli avvocati. Ma il tribunale è irremovibile: niente da fare, chi vuole farsi interrogare lo faccia adesso. Uno dopo l’altro, i difensori di tutti gli imputati rifiutano l’interrogatorio. Il più arrabbiato di tutti è Ghedini. «Se i giudici avessero seguito l’ordine del processo, Silvio Berlusconi avrebbe potuto deporre e anche rendere interrogatorio. Così invece gli è stato reso impossibile».

La scelta è di andare avanti a tappe forzate: «Questo processo è durato già troppo», dice il pm Fabio De Pasquale.

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