Milano - Mettiamola così: c’è chi sta peggio. Perché se è vero che il primo presidente della Cassazione si porta a casa ogni anno qualcosa come 305mila euro, anche le toghe meno blasonate - e in Italia ci sono più di 10mila magistrati non se la passano tanto male. Lo spaccato arriva dal bilancio 2010-2011 del Tribunale di Milano, presentato ieri. L’operazione trasparenza - voluta dal presidente del «Palazzaccio» Livia Pomodoro e da quello della Corte d’Appello Giovanni Canzio - permette di dare una dimensione ai costi della giustizia, e di fare i conti in tasca a pm e giudici. Partendo da un dato: quasi la metà delle spese serve a pagare i magistrati.
I numeri, dunque. Il tribunale di Milano ha avuto un costo per la collettività che ha sfiorato i 90 milioni di euro, a fronte di 24 milioni di euro di entrate per l’erario derivanti da contributo unificato (in pratica, la tassa sulle cause civili e amministrative), dal recupero crediti, dai sequestri e dai depositi giudiziari. Per l’esattezza, per far funzionare il gigante di corso di Porta Vittoria sono serviti 88 milioni e 665mila euro. Di questi, 46 milioni e 516mila sono finiti nelle buste paga delle toghe, che a Milano sono 275 (21 i posti vacanti). In media - tenendo però presente che lo stipendio di un pubblico ministero appena uscito dal concorso è ben lontano da quello di un presidente di sezione - fanno 169mila euro l’anno ciascuno.A questa cifra, poi, vanno aggiunti i 17 milioni e 200mila euro di competenze fisse per i 102 magistrati della Corte d’Appello. E anche in questo caso, si sfiorano i 169mila a toga. Ma non ci sono solo i giudici. La macchina della giustizia, per andare avanti, ha bisogno anche dei «gregari». Ovvero, il personale amministrativo.
A Milano, i dipendenti effettivi del Tribunale sono 573 (anche se la pianta organica ne prevede 703). Per loro, lo Stato ha versato poco più di 21 milioni di euro. Quelli della Corte d’Appello, invece, sono 189 (ne mancano 38), e sono costati 6 milioni e 300mila euro.
Se poi si aggiungono gli «altri costi del personale» - sia di magistratura che amministrativo- il bilancio del tribunale lievita. A sommarsi, ad esempio, sono i 719mila euro per gli straordinari e le indennità accessorie («turnazioni, assistenza al magistrato, videoconferenze, guide blindate ecc.», sic), i 691mila di buoni pasto (la Corte d’appello spende 246mila euro in ticket restaurant), i 19mila di indennità di missione e gli 8mila per quella di trasferimento.
Gran parte dei fondi erogati dal ministero, dunque, sono serviti a pagare magistrati e (in misura minore) dipendenti del sistema-giustizia. Il resto - poco più del 20% del totale- per tenere in piedi il Palazzo. Il Tribunale, ad esempio, è costato più di 3 milioni e 400mila euro in manutenzione e pulizia, quasi 2 milioni e mezzo in «gestione e consumi» (47mila euro per l’acqua, 612mila per l’elettricità, un milione e 300mila per riscaldamento e climatizzazione, 457mila per le bollette del telefono), un milione e mezzo di euro per le spese di vigilanza e oltre 400mila euro per le spese di facchinaggio. Un altro 10% del totale (circa 8 milioni e 700mila euro), è andato in spese varie, come viaggi (51mila euro), indennità per i giudici onorari (336mila euro), difensori d’ufficio (quasi 3 milioni e 800mila euro tra penale e civile). Nel secolo 2.
0, poi, 365mila euro sono stati utilizzati per toner, carta, materiale di cancelleria, stampati e registri del Tribunale, 11mila per la manutenzione di fax e scanner, 53mila per gli archivi elettronici, 16mila per la manutenzione dei mezzi di trasporto, oltre 18mila per il carburante, e 2mila per le autostrade. Tra le spese definite «residuali», infine, c’è pure la Tarsu. E svuotare i cestini della giustizia, l’anno scorso, è costato 185mila euro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.