La claque della Procura laveva ribattezzata euforicamente Mani pulite due. A leggere le severe parole scritte dalla Corte dappello si capisce invece che quellindagine, nata fra squilli di tromba, è stata una galleria di errori, svarioni, letture distorte dei fatti. In quarantanove pagine, pubblicate a tempo record in sole due settimane, il collegio presieduto da Marta Malacarne spiega come mai ha capovolto il verdetto di primo grado, assolvendo tutti gli imputati della cosiddetta tangentopoli di Bresso a cominciare da Giovanni Terzi, oggi consigliere di Forza Italia a Palazzo Marino e allepoca dei fatti assessore allUrbanistica nel piccolo comune dellhinterland.
Al centro dellinchiesta, nata da un esposto del consigliere diessino Giuseppe Manni, cera quella che la Procura, rappresentata dal pm Claudio Gittardi, e il tribunale avevano interpretato come una speculazione ad alto tasso di corruzione: luscita dal centro congestionato di Bresso della Ram, una società di trasporti, e al suo posto la costruzione di un polo residenziale, con interventi di edilizia popolare, e di un parco. Ora la corte d'appello riabilita in pieno Terzi e il suo disegno: «Che il Piano integrato dintervento fosse un ambizioso progetto, idoneo a dare lustro in termini professionali a coloro che avessero contribuito a realizzarlo, è fuor di dubbio; che il Piano integrato dintervento non contrastasse con lintervento pubblico ma addirittura lo soddisfacesse è un fatto altrettanto acclarato». Non basta; quellintervento, che a Terzi costò tre mesi di carcere e una condanna in primo grado a due anni e mezzo, viene perfino elogiato dal collegio: «Che addirittura il nuovo progetto fosse migliorativo era fuori di dubbio. Lo spostamento della Ram dal centro comportava un vantaggio per il Comune che avrebbe percepito una significativa somma».
Insomma, lintrigo non cera e non cera nemmeno un accordo sottobanco fra politici, consulenti, industriali: cera solo un intervento corretto per razionalizzare le risorse e luso del territorio. Ecco spiegata così non solo lassoluzione di Terzi, ma anche quelle dei padroni della Ram, Igino e Angelo Bottani, la conferma dellinnocenza per Walter Bottani e la vittoria su tutta la linea degli avvocati Lorenzo Crippa e Alessandro Pistochini che hanno sostenuto dal 1998 un durissimo corpo a corpo con la Procura e i giudici.
Alla fine, di tanti sospetti e suggestioni resta poco o nulla. Solo il naufragio dellaccusa. E la Corte, dopo aver elogiato gli avvocati che hanno colto nel segno, può permettersi di ironizzare sullarchitetto Michele Ugliola, il grande accusatore di Terzi che in realtà aveva messo a verbale solo qualche balbettio: «Ugliola non formula alcuna accusa a carico di Terzi né in relazione ad un coinvolgimento dello stesso in un accordo corruttivo con i Bottani né tanto meno in relazione ad un accordo circa il compimento di atti contrari ai doveri dufficio. Le dichiarazioni di Ugliola sul punto sono vaghe, generiche, per nulla circostanziate e del tenore delle stesse si rende conto il tribunale quando addirittura, con riferimento al modo di esprimersi di Ugliola, parla di ugliolese, coniando in tal modo un neologismo tanto efficace quanto sintomatico di una particolare ambiguità espressiva di non poco conto». Sulla base dellugliolese, però, si è costruito un capo dimputazione pesantissimo: ci sono voluti sette anni per smontarlo.
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