Suggerimento non richiesto per Travaglio e i giornalisti de Il Fatto. Nella loro ansia di trovare i reati più inverosimili da appioppare a Berlusconi potrebbero, con estrema facilità, mettere le mani su criminali colpevoli di un evidente reato. Rinfreschiamo la memoria leggendo l’articolo 379 bis del Codice Penale: «...chiunque rivela indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per avere partecipato o assistito ad un atto del procedimento stesso, è punito con la reclusione fino a un anno...». Chissà cosa succede negli uffici delle procure pugliesi... di sicuro a Bari e Trani gli inquirenti sono tutti muti come pesci e rispettosissimi della legge, quindi sarà stato un soffio dispettoso di quel bel grecale, che fa la gioia di tanti velisti, a sollevare le intercettazioni dalle scrivanie e a depositarle fra le redazioni.
Di sicuro fu sempre la stessa brezzolina che fece presagire a D’Alema, mentre timonava al largo del capoluogo pugliese, l’arrivo delle famose «scosse» giudiziarie del caso D’Addario. Non c’è infatti altra spiegazione, perché conoscendo la furia di Travaglio e soci contro le illegalità come si può pensare che vi sia una «vicinanza», una «consuetudine», con personaggi colpevoli di una palese violazione della legge? Eh sì, dev’essere il vento, parlare con i malfattori è roba da cronista «normale», il vero e puro giornalista giustizialista si sarebbe di sicuro scagliato contro l’infedele passatore di carte bloccandolo eroicamente e chiamando il 112.
Eppure qualche dubbio resta: la brezza a regola non dovrebbe filtrare dalle porte blindate, eppure in Puglia capita anche che gli atti secretati e «sigillati in cassaforte» contenenti le famigerate imprese di Patrizia D’Addario finiscano miracolosamente e a velocità supersonica sulla prima pagina di Repubblica. Anche in quel caso ovviamente si trattava di carte contenenti fatti di enorme rilevanza penale quali il racconto da parte della escort barese del numero delle docce gelate eseguito dal premier o le dimensioni delle alcove di palazzo Grazioli. A ben pensarci è strano che in quell’occasione non sia scattata un’indagine contro Berlusconi per procurato disastro ambientale, dal momento che l’acqua di quelle docce eccessive sarà ben finita nel mare e quindi come escludere che non fosse mischiata alle onde di qualche tsunami? Forse in procura erano troppo eccitati per le rivelazioni della D’Addario per pensarci, sarà per la prossima volta.
La si prende sullo scherzo per non indignarsi, eppure di motivi di sdegno ce ne sarebbero: ieri ci è toccato di leggere che addirittura a Trani verrà creato «un pool» per seguire quest’inchiesta sulle telefonate di Berlusconi. Cadono le braccia. Il premier si lamenta per le trasmissioni del servizio pubblico (cosa che accade da sempre) e si ipotizza addirittura la concussione perché la sospensione di una trasmissione (peraltro regolarmente in palinsesto, ma non interessa a nessuno) potrebbe essere un’«utilità». Fantastico, seguendo questa linea se il presidente del Consiglio per assurdo si lamentasse della spazzatura nelle strade e a seguito di ciò la spazzatura venisse asportata lo si potrebbe indagare per concussione del netturbino.
Tutto questo in una Regione dove i crimini veri non mancano di certo ma evidentemente riguardano i problemi dei cittadini normali, che mal si prestano per la giustizia ad personam dei reati inventati e della fuga di notizie. Se invece di creare le concussioni dal nulla una procura qualche volta, tanto per cambiare, si occupasse di come mai un’inchiesta parte da una sciocchezza e finisce per intercettare mezza Italia che con quell’inchiesta non c’entra nulla, di come mai i parlamentari vengono ascoltati quando la loro riservatezza telefonica è assoluta e costituzionalmente prevista, di come mai le notizie escano dalle procure più velocemente dell’acqua da un colino, di come mai la competenza territoriale non sia mai rispettata, di come mai gli avvisi di garanzia debbano arrivare a mezzo stampa, ecco se qualche volta ci si occupasse di queste cose e si individuassero dei responsabili sarebbe una gradita novità.
Nel frattempo un suggerimento (anche questo non richiesto) ai ministri Brunetta ed Alfano: perché non rendere pubblico il costo di ogni inchiesta? I soldi pubblici sono anche nostri e ci farebbe piacere sapere quanti ne vengono buttati dalla finestra per delle inchieste farsa che si concludono regolarmente in nulla lasciando solo dei danni che, come al solito, non vengono pagati da chi li ha causati.
posta@claudioborghi.com
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.