«Ancora un castello infestato dai fantasmi! Ormai anche le signorine dovrebbero essersi stancate di tutti questi spettri e assassini». No, le signorine non si erano ancora stancate del sottile piacere della paura. E nemmeno oggi, a 205 anni di distanza da queste parole che un recensore di The Critical Review dedicava a The Castle of Ollada, di Francis Lathom. Magari aveva anche ragione lui però... Però, diciamolo, è così piacevole, gustare un po di sana paura, se la puoi tenere sotto controllo. È come stare in una bolla di sapone che soltanto tu puoi far scoppiare, e nel modo più semplice: chiudendo il libro. Daccordo, The Castle of Ollada non è rimasto nella memoria collettiva perché era un pedissequo calco di tante storie simili. La moda, in ogni campo, funziona così, e quella moda si chiamava «romanzo gotico». Secondo David Punter, forse il maggior studioso mondiale in materia, i confini temporali del fenomeno sono il 1760 e il 1820. Nei primi anni 60 del XVIII secolo, infatti, Horace Walpole, rapito dal fascino misterioso dellEuropa continentale dove aveva viaggiato in lungo e in largo, traccia gli Anecdotes of Paintings, taccuini costellati di rovine e paesaggi cupi, manieri abbarbicati sui monti e torrenti impetuosi, e poi, nel 64, pubblica Il castello di Otranto; mentre nel 1819 John William Polidori, un medico amico di lord Byron, dà alle stampe Il vampiro, cioè il racconto capostipite del più ricco e variegato sottogenere del gotico, la letteratura dei revenants, dei non morti, insomma dei succhiasangue. Entro quei confini corrono sei decenni intensissimi, soprattutto nelle isole britanniche, il mondo geograficamente e culturalmente più lontano dai due epicentri del gusto allora imperante, il germanico (nei territori dove secoli prima era nato il gotico architettonico) e litalico. Ed entro quei confini si collocano I grandi romanzi gotici ora riproposti da Newton Compton (pagg. 1008, euro 14,90, a cura di Riccardo Reim). Cioè, oltre al capolavoro di Walpole, Il monaco di Matthew G. Lewis, Litaliano o Il confessionale dei penitenti neri di Ann Radcliffe, Frankenstein di Mary Shelley e Melmoth luomo errante di Charles Robert Maturin. A chiudere il cerchio, per lappunto, Il vampiro del dottor Polidori. Leggerli o rileggerli significa risalire alle fonti primarie di buona parte del cinema e dei fumetti, dei costumi e delle pose darkeggianti, della pittura (si pensi ai «preraffaelliti», con Dante Gabriel Rossetti su tutti...), persino degli odierni videogiochi, dominati da atmosfere plumbee ed eroi sanguinari. Tuttavia le onde gotiche non batterono soltanto le coste della regina Vittoria.
Fra le prime tre uscite della collana «Racconti di fantasmi» di Coniglio editore (anchesse curate da Riccardo Reim), in compaglia dellinglesissimo Montague Rhodes James troviamo il francese Charles Nodier e lo statunitense Ambrose Bierce.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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