Giovannino Cruyff ha detto Spagna. Ora l’Olanda può sperare davvero. Il grande Johan era un profeta sul campo, ma standone fuori è stato troppo spesso un oracolo sbugiardato. Magari stavolta l’avrà fatto per scaramanzia, magari sta copiando la tattica vincente di Van Marwijk: basta cicale, solo formiche. Chissà, forse è vero quel che si racconta.Oggi l’Olanda è un autentico collettivo fuori campo, quello che non è mai stato. E un gruppo affidato a solisti d’eccellenza, quando se la gioca in campo. Ha un quarto dei club calcistici che possiede la Spagna, ma più calciatori. E i tifosi seguono. Inversione di tendenza rispetto alla storia sua. Martedì c’erano 12,3 milioni di persone davanti ai televisori,un’enormità su un totale di 16 milioni di abitanti. L’Olanda - paese è squadra. Nella notte della semifinale con l’Uruguay Amsterdam sembrava un grande golfo: un golfo orange, un golfo degli aranci( o). Gente che si baciava e si abbracciava per le strade, sui canali: strano per noi che, di solito, teniamo la distanza, ha raccontato un giornalista di quelle parti. Capito! Questo è il miracolo, ora l’Olanda del gioco totale si è convertita all’esserlo nella testa, nel paese, nel modo di credere al pallone. E al resto pensino Sneijder e Robben, Van Persie e Van der Vaart. I magnifici solisti. Gli altri dietro: fate voi, che noi sbrighiamo il resto. Non a caso Van Marwijk ha messo sempre in campo la squadra che ora tutti potrebbero recitare a memoria, L’ha voluta scontata e immutabile, anche se Robben è entrato con un pizzico di ritardo rispetto agli altri. Pensiero e luogo comune dei soliti avventurieri dell’ovvio chiede un paragone con i Lancieri anni settanta, ma questa è davvero un’altra storia. Non ci sono Rensenbrink e Cruyff, Neeskens e Krol, ma neppure quelli di una storia dopo: Van Basten e Gullit, Rijkaard e Koeman. Gli olandesi sono ossessionati dall’Idea che, perse due finali, ci debba essere anche la terza. Non li spaventa il pronostico del polpo, e neppure quello di Cruyff, quanto un pizzico di scaramanzia. Van Marwijk ha provato a spezzarla:«L’Olanda gioca la partita della vita. É la terza finale e abbiamo mai vinto: vuol dire che avremo ancor più motivazioni. Sarà una grande partita, la Spagna è la nazionale più forte degli ultimi anni, ma sulla carta questa partita è alla pari».In altri tempi,un discorso del genere sarebbe stato l’inizio della fine. Oggi è un buon segnale. La nuova generazione Orange ha preso corpo dopo l’eliminazione con la Russia, ai quarti di finale degli europei. Solita storia: belli e perdenti. Un ritornello che si è fatto odiare. Gli olandesi non hanno mai amato i tedeschi, basta andar a risfogliare libri di storia per capire e ricordare. Però, per una volta, hanno voluto rubar loro qualcosa: la testa. Questa Olanda non è attraente nel gioco, ma cerca di essere cinica e concentrata, come lo sono state le panzer division calcistiche. Oggi la Spagna è l’alter ego di quell’Olanda che fu nel gioco. Questa Olanda si è assestata sull’altra sponda pallonara. Vero che in rosa ci sono undici giocatori provenienti dalla scuola Ajax: grande ma con qualche limite. Difficile cambiare usi e costumi. Ma questa è una nazionale che cerca di esser trasformista e trasformata. Robben e Sneijder si giocano palloni d’oro, Van Persie è stato una sorta di palla al piede. Però non è un caso che fra le squadre più grandi di questo mondiale, quella orange abbia la miglior precisione al tiro e solo la Germania abbia una peggior percentuale di realizzazione. La Spagna è perfetta nei passaggi: la classifica ne vede tre nei primi tre, il miglior passatore olandese è Van Bommel, uno di quelli che lavora con pala e piccone. Uno di quelli che non avrebbe più messo piede in nazionale, se fosse contato il coro più di solisti.L’orchestra spagnola oggi è forse imbattibile, dunque meglio avere orchestranti mediocri eppoi ci sia qualcuno che suona gli stradivari. Una volta l’Olanda era la squadra regina anche per le bellezze femminili fuori campo, roba da far luccicare gli occhi. Oggi bastano le trovate di Robben e le intuizioni di Sneijder: hanno riportato al piacere del calcio invenzione, più che alla precisione del calcio robotizzato. Stasera chiuderà la carriera Giovanni Van Bronckhorst, ha giocato 4 mondiali e 3 europei, ha sangue moluccano, passato quattro anni nel Barcellona: ha vinto e perso giocando qualunque calcio, con olandesi e con spagnoli.
E oggi captain Gio potrebbe sollevare la coppa: l’uomo che se ne va, alza la prima coppa. Il cinismo perfetto di una bella storia. Interpreta l’anima di questa nazionale che vuol essere bella, ma preferisce vincere. Ed ha lasciato a casa lo specchio per soddisfare il suo narcisismo.I grandi solisti dell’orchestra arancione
l'Olanda fa squadra, più unito e meno individualista nel nome della nuova generazione Orange che vuole sfatare il mito dei "belli e perdenti": non è attraente ma è più cinica
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.