I Kings of Leon primi ovunque Ora puntano al trono degli U2

Si dice che il vero rock, quello che non se la tira alla ricerca della novità ma sa sposare cruda brutalità e bellezza melodica, è roba che non funziona. Peccato che in questi giorni, in vetta alla classifica inglese e americana - e in supersonica salita in Italia - c’è Come Around Sundown, il nuovo album dei Kings of Leon, eroi di un suono di grande qualità e di un modo di vivere «low profile». Si chiamano tutti e quattro Followill (tre fratelli e un cugino), vengono da Nashville - patria del country - ma hanno imparato a far convivere la grande tradizione «southern rock» con i Radiohead, il tocco hard dei Thin Lizzy e il melanconico cantautorato di Townes Van Zandt. Nuovi tradizionalisti rock, hanno trasformato il rock alternativo in fenomeno popolare. Finalmente dei 25-30enni che non si buttano sugli stereotipi e neppure fanno i finti modaioli. Riff di chitarra dinamici e di scattante musicalità (tra i nuovi brani emergono Mary, The End, Radioactive) alternati a ballad come Back Down South e Mi Amigo che rimandano ora al country rock ora ad echi degli Allman Brothers. Non è una sorpresa; due anni fa Only By the Night aveva venduto sei milioni di copie portando nelle saccocce della band quattro Grammy. Piuttosto il segno dell’incoronazione col placet delle riviste che contano come Rolling Stone che ora li considera pronti «per il loro momento da U2» e Q che sensazionalizza scrivendo «diventeranno la migliore band al mondo». Se le vendite dei loro cd esorcizzano la crisi del disco, i loro concerti attirano ovunque un pubblico d’altri tempi. Dal mitico Golden Gate Park di San Francisco (ai tempi d’oro casa di Janis Joplin, Grateful Dead ecc) agli oltre 65mila fan del concerto all’Hyde Park di Londra lo scorso 30 giugno. E non solo il pubblico li adora; Dylan li ha voluti ai suoi concerti, così come gli U2, i Pearl Jam e Bruce Springsteen. Il leader dei Pearl Jam, il carismatico Eddie Vedder, dice di loro: «sono onesti, creativi e sono cresciuti in fretta, suonano come se i Pixies fossero cresciuti in Tennessee». E Springsteen, dopo un’esibizione insieme, ha detto loro: «Tenete la testa sulle spalle, non esaltatevi e nessuno vi dimenticherà più. Per tre ore a notte io sono il Boss, ma le altre 21 il boss è mia moglie».

Loro non sempre hanno seguito questo consiglio (al festival di Reading dello scorso anno hanno insultato il pubblico e distrutto gli strumenti per protesta) ma - sotto la guida del pittoresco produttore e cantautore Angelo Petraglia - non hanno intenzione di prendere il treno del successo. Per i fan italiani una sola chance di ascoltarli, il prossimo 3 dicembre al Futurshow Station di Bologna: occasione da non perdere.

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