I lavori Domani il verdetto sullo «scudo» Gli avvocati del Cav: «Siamo ottimisti»

Roma«Una buona relazione non tradisce mai l’orientamento dell’autore. E così è per quella di Sabino Cassese». Piero Longo, legale di Silvio Berlusconi con Niccolò Ghedini, esce dalla Sala Gialla della Consulta dove si è tenuta l’affollatissima udienza pubblica sulla legge sul legittimo impedimento. Le indiscrezioni dicono da giorni che il relatore pende per una bocciatura, almeno parziale e che su questa linea si può formare una maggioranza nell’Alta Corte.
La squadra di difesa del premier sfoggia serenità. Mentre i bookmakers stranieri puntano sull’incostituzionalità della legge, Longo si definisce «realista» e Ghedini «ottimista per definizione».
Eppure, il focus dell’udienza sta nelle domande che Cassese rivolge alla difesa del premier: «I fatti e gli eventi individuati come ipotesi di legittimo impedimento sono indicati in modo specifico o generico? Residuano poteri di controllo del giudice? E questi poteri possono svolgersi sulla sussistenza del fatto-evento oppure anche sulla concomitanza?». Domande che, temono nel Pdl, potrebbero nascondere dubbi su uno scudo così ampio e in parte indeterminato.
Il verdetto sulle norme che fino ad ottobre mettono al riparo il Cavaliere dai tre processi Mills, Mediaset e Mediatrade è atteso per domani, mentre oggi la Consulta deciderà sull’ammissibilità dei referendum dell’Idv, compreso quello sul legittimo impedimento.
Sulla legge voteranno tutti e 15 i giudici, inclusa Maria Rita Saulle che è arrivata in sedia a rotelle. Si parla di 6 contro 6 e gli altri 3 incerti. Tra questi potrebbe esserci quel Tesauro che fu l’ago della bilancia anche nella bocciatura del lodo Alfano. E molti guardano al Quirinale, per capire come finirà.
Il momento è delicato politicamente e nel primo pomeriggio a palazzo Grazioli il presidente del Consiglio incontra Ghedini e il Guardasigilli Alfano.
Si parla dell’udienza della mattina, con tutti gli interventi, da quello del relatore sui tre ricorsi dei giudici milanesi a quelli dei legali di Berlusconi e degli avvocati dello Stato, che chiariscono il quadro. Emergono i punti che possono essere a rischio, quelli che potrebbero essere bocciati o solo interpretati in modo conforme alla Carta.
Per Cassese, la legge lascia al giudice «il potere di accertare e di controllare la veridicità del legittimo impedimento eventualmente posto dal membro di governo», ma non è chiaro quali sono i limiti del suo intervento.
Longo, Ghedini e gli avvocati dello Stato replicano che la legge non istituisce «nessun automatismo» per gli impegni del premier e dei ministri, difesi dallo scudo processuale. La norma, afferma Ghedini, «si limita a tipicizzare l’impedimento dei membri del governo, del quale il giudice deve tener conto». Può sempre, aggiunge Longo, «chiedere delucidazioni e chiarimenti sull’attività di impedimento», senza però entrare «nel merito della maggiore o minore rilevanza della situazione e della questione posta». Il giudice, spiega l’avvocato dello Stato Michele Dipace, «non può sindacare la necessità di tenere un consiglio dei ministri proprio in quel giorno», altrimenti avrebbe il potere di «invadere la sfera dell’attività governativa».


Le toghe di Milano, però, vorrebbero tornare ad avere l’intera discrezionalità di giudizio. Affermano che per togliergliela serve una legge costituzionale, lamentano una violazione del principio costituzionale dell’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Il premier come l’ultimo dei cittadini?

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