Milano - Milano Ufficialmente, nulla è stato deciso. Ma il bivio si avvicina. Nella partita tra la procura di Milano e i legali di Silvio Berlusconi, l’unico punto fermo è una data: venerdì. Tra quattro giorni cade il primo appuntamento utile fissato dai magistrati che indagano sulle presunte notti a luci rosse di Arcore per interrogare il presidente del Consiglio, sotto inchiesta per concussione e prostituzione minorile. L’invito a comparire recapitato al premier non lascia molte alternative: un fine settimana (da venerdì prossimo fino a domenica) durante il quale il Cavaliere può scegliere di affrontare il faccia a faccia con i pm. Niccolò Ghedini e Pietro Longo, legali di Berlusconi, pesano le parole e giocano a carte coperte. «Ancora non abbiamo preso alcuna decisione », hanno fatto sapere dopo l’indiscrezione circolata secondo cui il presidente del Consiglio non sarebbe andato in procura. Ma è un’eventualità, quest’ultima, non così irreale.
Perché - valutata anche l’ipotesi del legittimo impedimento, che sposterebbe a nuova data il confronto con i magistrati- la strategia di Ghedini e Longo è chiara: smontare l’inchiesta partendo da un primo tassello. Ossia, l’accusa di concussione. Berlusconi, secondo i suoi legali, non avrebbe fatto pressioni per il rilascio dalla questura di Milano della giovane Karima El Mahroug, ma solo «chiesto informazioni». In ogni caso, ad occuparsi di quell’accusa avrebbe dovuto essere il tribunale dei ministri entro 15 giorni dall’iscrizione del premier nel registro degli indagati, e non la procura di Milano. A cascata, le iniziative successive dei magistrati (perquisizioni e invito a comparire) sarebbero «illegittime». «Risolta» la concussione, il reato di prostituzione minorile dovrebbe passare a Monza, competente su Arcore. Fermo restando che - secondo i due avvocati, e come ripetuto dal Cavaliere e dalla giovane marocchina - il premier non avrebbe mai avuto rapporti sessuali con Ruby. Ad ogni modo, se Berlusconi dovesse decidere di affrontare a tu per tu la Boccassini, potrà scegliere se replicare alle domande (e le sue dichiarazioni dovranno essere tenute in considerazione al momento della richiesta di rinvio a giudizio) o avvalersi - in quanto indagato- della facoltà di non rispondere. La procura, a quel punto, potrà chiedere al gip di mandarlo a dibattimento.
Ghedini e Longo devono però fare i conti con gliatti di un’inchiesta deflagrata all’indomani del pronunciamento della Consulta sul legittimo impedimento. Cosa raccontano le carte? Stando al decreto di perquisizione recapitato a Giuseppe Spinelli (uomo di fiducia del Cavaliere), e a Nicole Minetti (ex igienista dentale eletta alla Regione Lombardia nel listino del governatore Formigoni) esisteva una scuderia di starlette procurate da Lele Mora ed Emilio Fede, alloggiate in un residence di Milano 2 sotto la «custodia» della stessa Minetti, e pronte ad animare le notti di villa San Martino. In quegli appartamenti, la polizia ha trovato alcune buste di denaro (dai mille ai 20mila euro, una con la scritta «Silvio B.»), ritenute la prova del pagamento delle prestazioni sessuali. E proprio la pista del denaro ha portato la procura negli uffici di Spinelli, che per l’accusa pur «non consapevole» del motivo di quelle retribuzioni - si sarebbe occupato di «liquidare» le ragazze e tenere i rapporti economici con Mora.
Ma il grosso delle accuse - che giustificano la richiesta di giudizio immediato - è nell’invito a comparire spedito al premier, e ora alla Giunta per le autorizzazioni della Camera.
È in quelle 300 pagine di intercettazioni e testimonianze- che hanno iniziato a trapelare fin da subito su alcuni quotidiani, nonostante fossero nella disponibilità esclusiva dei magistrati e dei legali del Cavaliere- che si gioca il grosso della partita. Da ieri, quegli atti sono a Roma. Il tappo fradicio della segretezza sta per saltare. Per il diluvio, è questione di ore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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