«Zeneize a lengua ciy bella d'u mundu». Cè qualcuno che lo pensa davvero, o almeno tutti i genovesi ne sono convinti. Cè chi lo parla in scioltezza, chi lo sa scrivere o semplicemente chi lo capisce. Eppure gran parte della popolazione che vive a olio taggiasco e basilico non ne vuole proprio sapere. Il dialetto «No, è roba daltri tempi». Nasino allinsù e un italiano perfetto ma quando uno ti offre un tocco di «Fugassa co-a çioula» ecco che la risposta è uno sguardo stranito. Eppure la focaccia non si disdegna mai, ma basterebbe capire quelle tre parole tre che ti permettono di calarti nella realtà che ti circonda.
E allora cè chi ha pensato che forse un corso per imparare a parlare perfettamente e a scrivere bene in dialetto sarebbe stata la soluzione ideale per allontanarsi dal piattume del vecchio vocabolario della Crusca. Niente di strano se i numeri non fossero strabilianti: alle lezioni di dialetto infatti più della metà sono meridionali che amano la lingua di «Pignasecca e Pignaverde». I genovesi preferiscono invece la classica lingua italiana. Una dimostrazione? La signora Maria Josè frequenta da quattro anni il corso che a breve si trasferirà a villa Imperiale. È genovese dadozione ma di origini sarde: «E pensare che il migliore del corso - racconta - è un calabrese. Non sbaglia nulla e della sintassi sa praticamente tutto. Perché, sa, scriverlo non è mica semplice, assomiglia un po al francese, con mille sfaccettature. Parlarlo è unaltra cosa ma quando cè da buttare le parole su un pezzo di carta le cose si complicano. Ecco, al corso impariamo aggettivi, verbi, i vocaboli più complicati». Una passione nata tanto tempo fa e ogni anno le lezioni sono frequentate da 30 «alunni»: «Il dialetto - spiega ancora la signora Maria - mi ha sempre appassionato e per questo ho deciso che il corso mi avrebbe aiutato a perfezionarlo, visto che in casa si parlava solo in italiano e imparavo quello che ascoltavo per strada. In tanti amiamo il genovese e molti sono genovesi acquisiti». I più bravi, anche in questo caso, sono però i «foresti»: «Quelli che vengono da fuori - continua - sono sicuramente i più bravi perchè ci tengono a fare bella figura».
Comunque sia sono sempre meno i liguri che decidono di imparare e poi tramandare il genovese.
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