"I miei giochi sado con la Milano che conta"

Sesso estremo nei 12 appartamenti sequestrati in città. Il racconto di una donna di 45 anni, laureata e interprete che di notte in quelle case faceva la "padrona"

In tempi dove l'eccesso e la perversione diventano il limite valicabile, ecco l'inquietante mondo di una mistress «padrona» di uomini di successo, che lega, mette in ginocchio, in gabbia, al guinzaglio e frusta, perché «è questo che loro vogliono». Una tendenza in crescita esponenziale: parola di Mistress L. che da 15 anni sperimenta la materia e ha lavorato in uno dei 12 appartamenti sequestrati dagli investigatori del commissariato Monforte-Vittoria nell’indagine presentata martedì in questura. L'età si abbassa, il ceto è medio alto, cinque giornate di lavoro pieno con almeno cinque appuntamenti al dì che vanno dalla mezz'ora all'ora e oltre di prestazione. Uomini dominati, umiliati, piegati, calpestati. Dirigenti che pubblicamente dominano imprese e poi, nell’intimità dell’alcova, implorano Mistress L. di essere sodomizzati. Solo una perversione sadomaso? C’è da riflettere visto che il vizietto s'allarga ai 20enni. Siti, passaparola, inserzioni e cifre da capogiro, considerato che ai tempi della lira si viaggiava sulle 300mila lire al quarto d'ora. Appuntamento a Milano. Aspetto la mistress al bar che fa angolo col suo studio. Capelli ramati lisci e rossetto evidente, sobria nel suo completo nero, calza giusta, scarpa elegante. «Scusi il ritardo». Comprendo. Mistress molti non sanno neppure cosa voglia dire. Lei abbozza. Milanese, 45 anni, laureata in lingue, già interprete, un matrimonio alle spalle, quindi una stagione in Francia, quella della svolta.
Nasce qui Mistress L.?
«Diciamo che tutto è iniziato per gioco proprio qui. Avevo 30 anni, conosco uno di quelli che aprono chat a indirizzo sadomaso. Provo, sento uomini interessati. Finché accetto di incontrarne qualcuno».
L'approccio di questi maschi?
«Credevano fossi la padrona dei loro sogni. Ero in totale imbarazzo a fare materialmente quello che dicevo al telefono, ma loro sapevano già cosa volevano, erano disinibiti e io ho imparato ascoltandoli».
Che cosa le chiedono oggi?
«Sempre cose nuove. Gli italiani spesso sono sposati e non possono tornare a casa rovinati, quindi la frustata deve essere leggera, le torture con pinzette non devono lasciare segni evidenti. Va forte la sodomizzazione con un fallo che indosso su una struttura in pelle. In studio ho una sorta di infermeria dove, abbigliata da infermiera sexi-cattiva, comincio con la normalissima visita fino a mettere catetere, cannule, praticare clismi o perette, dilatazioni anali a mano o con strumenti che però non tutti riescono a sopportare».
Poi la stanza delle gabbie e alla parete ampia scelta di attrezzi di tortura...
«Mi tengo aggiornata. Gabbie, guinzagli, frustini, e cinture di castità. Molti uomini se la fanno mettere al mattino prima di andare in ufficio. Io tengo la chiave e aspetto che tornino. Ho anche i modelli in plexiglas per chi viaggia in aereo. Poi ci sono quelli che si fanno prendere a calci i genitali che, in una sorta di visione bene-male, rappresentano il male. Loro insistono che colpisca, sono io che freno, che pongo il limite, la vittima non vuole. Altri col face-sitting vorrebbero essere portati quasi alla perdita di coscienza. Molti mi chiedono di essere legati, calpestati, bagnati d'urina che spesso bevono. E poi c’è tutto il feticismo del piede e della scarpa, del tacco che spinge sulla carne...». Il look della padrona? «Fasciata in pelle o lattice, il corpo non è quasi mai in vista. Io ho spesso anche una parrucca nera».
Un richiesta strana?
«Un tipo sui 50 s'è fatto legare nudo in ginocchio davanti allo specchio del bagno e ha voluto che io, con una vecchia divisa da infermiera, gli rasassi la testa. Poi è scappato. Molti hanno sensi di colpa pazzeschi».
Quante siete a Milano?
«Gli studi seri sono 4-5 in tutto. C'è un forte afflusso anche da fuori regione. Da Genova, ad esempio, perché lì sono solo i trans a farlo. Ho iniziato in società con una collega, poi ho aperto uno studio mio. Tengo con me uno "schiavo", un pensionato che mi fa tutte le commissioni, anche se decine di uomini sarebbero disposti a farmi la spesa e a pulirmi casa».
Chi sono i clienti?
«Maschi dai 40 anni fino agli 80. Ma stanno crescendo le richieste dei 20enni: vedono i video clip e vogliono provare. Il ceto è medio alto: manager, politici, uomini abituati nella vita ad essere decisionisti che vogliono solo sentirsi ordinare. Niente sesso. Solo il godimento dato dalla dominanza».
E le donne?
«Pochissime. E spesso accompagnate da uomini-padroni che vogliono guardare».
Al collo ha una catenina con l'immagine della Madonna.
«La mia è una famiglia normalissima, la medaglietta me l'ha regalata la nonna. Io credo, ma non nella Chiesa».
Fidanzati?
«Ho storie, ma ognuno a casa sua. Dico sempre quello che faccio, molti scappano».
Che cosa pensa degli uomini?
«Ad oggi non ne ho una buona concezione. Non capisco perché uno non dica alla sua donna che gli piace, ad esempio, leccarle i piedi. Credo ci sia la tendenza a crearsi storie a parte, a nascondersi. Si sentono deboli e si vergognano».


Sta partendo?
«Sì: un cliente negli Stati Uniti vuole incontrami, mi capita spesso di lavorare in Europa e America. Altri studi consultano il mio sito e chiedono collaborazioni». Si allontana, è l'altra «Belle de jour» di Buñuel, destinazione «dominati».

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