Cronaca locale

I milanesi? Stipendio alto e settimana corta

Milano è la città italiana più interessata al progetto della settimana lavorativa corta. Sono alcuni dei risultati di una ricerca di "Changes Unipol", elaborata da Ipsos

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Il 50 per cento dei milanesi, come dire uno su due, considera la retribuzione il primo criterio di scelta nel valutare un'offerta di lavoro. Al contempo, però, Milano è la città italiana più interessata al progetto della settimana lavorativa corta. Sono alcuni dei risultati di una ricerca di «Changes Unipol», elaborata da Ipsos, sul mercato del lavoro e le sue nuove tendenze.

Una contraddizione ambrosiana? Solo in apparenza, visto che anche se non si parla più delle 35 ore di bertinottiana memoria, la tendenza è in atto come sperimentazione nella gran parte dei Paesi europei: Francia, Germania, Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia e Svizzera. Un esperimento per ridurre a quattro giorni la settimana lavorativa è stato condotto anche in Gran Bretagna, Nuova Zelanda e Giappone e il Belgio ha legiferato in questa direzione (dati Ipsoa).

In Italia si sono cimentati nell'impresa solo due gruppi importanti come Banca Intesa e Lavazza. Gli studi dell'OECD indicano come, dopo un certo numero di ore lavorate, si assista a una drastica riduzione della produttività, e che la conciliazione tra casa e lavoro è importante per vivere e lavorare meglio. Tutti dati messi meglio a fuoco durante la pandemia.

Così possiamo dire che i milanesi vedono lungo: pensano di poter mantenere alte le retribuzioni pur riducendo le giornate dedicate al lavoro. Solo una piccola minoranza è anche disponibile ad accettare un taglio in busta: un milanese su dieci rinuncerebbe subito a una piccola percentuale della retribuzione per migliorare il proprio rapporto tra lavoro e vita privata, i lavoratori diventano quasi tre se la scelta si sposta nel futuro. Altro dato interessante: anche se il 78% esprime un giudizio positivo sul proprio work-life balance, solo il 18% ne è «molto» soddisfatto.

Inoltre, in base alla ricerca Ipsos per «Changes Unipol», il 43% è insoddisfatto della busta paga. Dopo il 50% di importanza assegnato alla retribuzione nella scelta di un nuovo lavoro, seguono il ruolo offerto (33%) e la vicinanza a casa (32%), ma sono importanti anche la stabilità dell'azienda (29%) e la possibilità di conciliare il lavoro con le esigenze della vita privata (28%). Per avere un panorama più ampio, si può aggiungere che 4 milanesi su 10 sono aperti alla possibilità di cambiare lavoro e tra costoro il 16% lo sta cercando attivamente. Inoltre, il 29% si dice disponibile a trasferirsi all'estero.

Veniamo adesso al cosiddetto smart working. Chiamati a scegliere un lavoro interamente in presenza, l'idea piace solo al 26%, benché i milanesi lo preferiscano a uno completamente da remoto (11%). Ben il 63% predilige la via di mezzo: una parte in ufficio e una parte da remoto.

Insomma, la modalità di lavoro migliore sarebbe quella ibrida: in medio stat virtus.

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