Via i militari dalla città? Chiediamolo ai milanesi

Per centri sociali e Comune la sicurezza si fa con i presidi sociali e non con le pattuglie. Ma il sindaco faccia un giro nei quartieri

Via i militari dalla città? Chiediamolo ai milanesi

Signor sindaco, lei che ha fatto dell''ascolto' lo strumento fonda­mentale del suo rapporto con la città, come sentiamo ossessivamente ripe­­tere, ebbene, per cortesia, mi ascolti. Pare che alcuni suoi compagni di maggioranza siano in tournèe nei centri sociali milanesi per rassicurare quei bravi ragazzi che la sua giunta toglierà dalle strade i militari che, sempre affiancati da carabinieri o poliziotti, girano per la città in base il progetto «Strade sicure» voluto dal ministro della Difesa La Russa.

Le motivazioni? Eccole: «La sicurezza si ottiene con i presìdi sociali», «Milano non è Beirut» è altre idiozie del genere. Sarebbe questa l'aria nuova, questo il vento che è cambiato? A me sembra aria vecchissima e stantia, retorica fumosa (e non alludo al «fumo») d'altri tempi. D'altra parte, signor sindaco, a proposito di «ascolto», chi avete ascoltato su questo argomento? Solo quei bravi ragazzi dei centri sociali che siete andati a rassicurare o anche la gente dei quartieri, donne e anziani che magari hanno anche votato per lei? Giacché in realtà questa storia dell'«ascolto» comporta un rischio: quello di ascoltare chi strilla di più, chi ha la possibilità di passare le giornate davanti a Palazzo Marino, ignorando invece chi, magari anche solo per timidezza o mancanza di tempo, non ha modo di farsi ascoltare da lei e dai suoi assessori.
Perché, ad esempio, se avesse ascoltato me, forse quel suo compagno non avrebbe detto le sciocchezze che ha detto. Gli avrei spiegato che dalle finestre di casa mia, anni fa vedevo sulla bella via Benedetto Marcello, pur dopo la parziale e lentissima sistemazione dell'arredo, spacciatori e prostitute, magrebini gli uni e le altre, vagare perfino sulla bella area giochi per i bambini faticosamente realizzata sui box interrati (già, perché quando si riesce a farli, si riesce anche a risistemare l'area sovrastante, con buona pace dei protestatari di professione, da lei sempre ascoltati, ovviamente). Spacciatori e prostitute, dal mattino alla sera, con correlati incidenti; risse, accoltellamenti, perfino, negli anni, un paio di omicidi. Ebbene, lei e i suoi compagni dei centri sociali non ci crederete, ma da quando una camionetta dell'esercito ha preso a transitare da quelle parti, e neppure troppo spesso, la musica è cambiata completamente. Quegli indesiderati sono scomparsi. E, le assicuro signor sindaco, proprio non sembrava di essere Beirut, nessuno sparava per le strade: semplicemente lo Stato si faceva vedere - e questo spesso è sufficiente - con le facce belle e rassicuranti di un paio di ragazzi e ragazze in uniforme. Perché, mi dispiace contraddire il suo libertario compagno, ma la sicurezza si ottiene anche con la possibilità - sì, basta la possibilità - della repressione. La invito dunque, signor sindaco, ad andare fino in fondo e seriamente con questa storia dell'«ascolto». Venga o mandi qualcuno dei suoi ad ascoltare la gente, le famiglie di via Benedetto Marcello, ad esempio, o di altri quartieri. Vengano a chiedere se la presenza dei militari li disturbava, dava loro l'impressione di essere a Beirut, provocava ansia e inquietudine.

Quanto ai presìdi sociali, non mi è chiaro di cosa si tratti: gente per le strade a turno? Forse qualcosa di simile alle esecrate ronde proposte dalla Lega, ma più spontanee e democratiche, magari fatte dai bravi ragazzi dei centri sociali? Nel frattempo, per cortesia, lasci girare i militari per le nostre strade ancora per un po'. Mi ascolti.

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