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I mille intrighi della Cupola gialla Dopo le città invade la provincia

Le specialità della "Triade" in Italia: gestisce immigrazione e permessi, vende merce contraffatta, specula sugli immobili, orchestra rapine ed estorsioni. L’Antimafia: legami con la Sacra Corona

I mille intrighi della Cupola gialla 
Dopo le città invade la provincia

Ecco la Cupola gialla in salsa tricolore: sequestri-lampo, torture, droga, traffici d’esseri umani, racket, riciclaggio, estorsioni, omicidi, furti, rapine, lesioni dolose, prostituzione, contraffazione di marchi e via così. Sono i cinesi d’Italia, mafiosi d’importazione. Come iniziazione si bucano il dito come a Palermo ma preferiscono il riso immerso nel sangue al santino bruciato, icona di Cosa nostra. Per il resto sono feroci come, e quanto, i picciotti siciliani. La commissione antimafia ha radiografato gang e bande giovanili nel segno del Dragone, capillari organizzazioni nazionali, collegamenti con le Triadi. E al di là delle conferme sull’infiltrazione ormai storica della Campania («nel territorio napoletano insistono segnali di contatti tra comunità cinese e criminalità italiana») la rilevanza del fenomeno della malavita di etnia cinese è cresciuta rispetto alla sua prima consacrazione giudiziaria, quella del maggio 1999 a Firenze, con le condanne per 416 bis del clan capeggiato da Hsiang Ke Zhi e radicato tra Firenze, Empoli, Lucca e Viareggio.
La «tigre» Toscana
Ora come allora l’attività delinquenziale di gruppi malavitosi cinesi in Toscana è finalizzata alla gestione dell’immigrazione, anche con l’uso della violenza, in condizioni di clandestinità e illegalità di flussi migratori attraverso l’Est e la Francia «da impiegare poi, fino al totale riscatto del prezzo di liberazione, in condizioni di sfruttamento, nelle attività economiche controllate o gestite da membri dell’associazione». I riscontri ai pentiti Hu Li e Zhang Zhen descrivono il governo della «famiglia dominante» che interviene in ogni disputa e a cui è obbligatorio sottomettersi pena ritorsioni irraccontabili come quella del poveraccio a cui venne perforato un occhio con un chiodo per aver spifferato il nascondiglio di un connazionale sequestrato. I gruppi violenti di Firenze (gli Hsiang) e di Empoli (denominati Zheng) danno un’idea dello stato dell’arte nella terra di Dante dove ogni attività è sotto controllo dei clan poiché «nessuno riesce a sottrarsi a tale potere» in forza di un «capillare servizio di vigilanza» del gotha mafioso. I dati più aggiornati dell’Antimafia per Firenze e dintorni sono suscettibili d’aggiornamenti e si riferiscono all’anno solare 2005: 436 fermati o arrestati, 3.398 i denunciati, 3.771 i reati annessi in statistica.
Muraglia a Prato
Scrivono i commissari: «La comunità cinese di Prato, la più consistente, non si è per nulla integrata nel tessuto sociale della città e a fronte di una presenza di 11.244 persone con regolare permesso di soggiorno, si suppone vi sia un numero elevato di irregolari» gestita dalla famiglia Hsiang con appoggi su Roma e la Francia e dal clan Loto Bianco responsabile di assassinii a Parigi e a Prato. Anche in quest’enclave la situazione è delicatissima soprattutto per il proliferare di permessi di soggiorno in sanatoria venduti a 5-10mila euro (operazione Suprise). Tale modus vivendi «chiuso», con un’imprenditoria «in proprio» che non si raffronta con l’economia locale, ha favorito l’associazionismo che pur sbandierando scopi nobili, nel consolidare l’isolamento talvolta ha sviluppato «l’usura nei confronti dei connazionali appena arrivati in Italia».
Veneto in agrodolce
Nell’arco di quattro anni gli imprenditori cinesi sono più che raddoppiati tra Treviso e Altivole, l’etnia asiatica è la sesta nella regione ma è anche la più in crescita. Purtroppo anche nel Veneto gli immigrati-commercianti «mostrano una certa chiusura verso l’esterno» e a Treviso «non agevolano certo l’integrazione e l’aggregazione con le popolazioni locali». Laddove il crimine giallo ha fatto parlare di sé «la magistratura si è imbattuta in una situazione di assoluta omertà in cui la collaborazione con la polizia risulta assolutamente inesistente». Così si è investigato a fatica, specie nella provincia di Padova, per stanare i «picciotti» dell’organizzazione Hua Quiao a cui fanno capo le associazioni Chen Jian Zong e Du Gi. Una disputa fra bande locali è stata risolta da «squadre di giustizieri» provenienti da fuori regione «che intervengono per diffidare i contendenti affinché l’accaduto non si ripeta». Oltre all’associazione mafiosa (ipotizzata nel duplice omicidio di Villorba) in espansione sono l’immigrazione clandestina, la prostituzione (per soli connazionali) e lo sfruttamento del lavoro nero con una violazione costante «alla normativa sulla prevenzione degli infortuni e sulla sicurezza nel lavoro».
Marche cinesi
Persino città tranquille come Ancona o Ascoli vengono avvolte dagli artigli della tigre. Commercio e immigrazione rappresentano gli sbocchi affaristici dei giovani malviventi cinesi che - come dimostra un’inchiesta su Civitanova Marche - ricorrono ai sequestri di persona e allo stupro dei rapiti pur di raggiungere l’obiettivo. Addirittura in un altro procedimento penale un imprenditore di Pechino «a cui venne sequestrata e uccisa la moglie ha specificato di non percepire la richiesta di denaro per la liberazione come fatto illecito in quanto riteneva che fosse giustificabile dal momento che, lui, si era arricchito».
Puglia mafiosa
L’accresciuta dimensione dell’insediamento cinese in Puglia «è da ricondurre all’operatività nella regione di porti come Taranto, Bari e Brindisi», specie il primo «diventato il principale approdo di merci provenienti dall’Estremo Oriente» anche in ragione «della posizione dominante acquisita dalla società Evergreen di Taiwan nei confronti della Taranto Container Terminale Spa». La criminalità cinese, estremamente virulenta, stringe accordi con la Sacra Corona Unità e con sodalizi delinquenziali albanesi. È presente in ogni campo illegale «ed è certamente una criminalità matura, che tende al profitto cercando di evitare azioni eclatanti, agendo spesso nel sottobosco di reati apparentemente minori che garantiscono comunque interessanti profitti, generalmente reinvestiti in speculazioni immobiliari o attività commerciali» nel Barese e nel Brindisino. Tra Barletta e Modugno, all’interno di calzaturifici, un’inchiesta della Dda ha lavorato «sull’esistenza di un’associazione mafiosa come emanazione diretta delle triadi presenti nel luogo di origine».
Le triadi milanesi
All’ombra del Duomo ciò che l’Antimafia ha riscontrato è l’iperattivismo di decine di bande «flessibili nella loro articolazione interna e dedite alla commissione di furti e rapine (sia in abitazione che in negozi), estorsioni, incendi, lesioni personali». Queste gang originarie della regione di Lioning operano come i balordi dell’«Arancia Meccanica» di Stanley Kubrick: agiscono sempre in branco, mascherati, picchiano selvaggiamente il malcapitato di turno. Il fenomeno dell’immigrazione clandestina ha nelle «agenzie criminali di servizi» in Lombardia, collegate alle organizzazioni operanti nello Shan Dong, il picco più alto del Paese. «Un ulteriore affinamento dei modelli organizzativi della criminalità cinese riguarda le operazioni di reinserimento nella cosiddetta economia legale (...). Si è affermata l’esistenza di una sorta di “borghesia cinese” parallela che mira all’acquisizione di centri commerciali, alla realizzazione di strutture abusive del credito, all’investimento del settore manifatturiero laddove il fenomeno della contraffazione dei marchi resta pervasivo».
gianmarco.

chiocci@ilgiornale.it

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