I ministri professori che fanno affari d'oro con gli incarichi extra

Il prestigio ricavato dalla carica offre agli universitari l’occasione per ottenere posti molto ben remunerati

I ministri professori che fanno affari d'oro con gli incarichi extra

Guadagnare molto denaro ed essere in regola di fronte alla società, cioè pagare le tasse, lo considero un merito con cui è premiata la propria professionalità. Altra questione è quando una considerevole ricchezza si ottiene cumulando più attività, di cui una, che poi risulta essere quella principale, è un impiego alle dipendenze dello Stato, per esempio la docenza universitaria.
In ossequio alla trasparenza, leggo le dichiarazioni dei redditi dei ministri-professori e rimango impressionato dai loro guadagni. Bravi, mi dico: io ormai, alla fine della carriera, professore ordinario da quando avevo 34 anni, prendevo, fino a qualche tempo fa, 5mila euro al mese. Adesso non li raggiungo più perché mi è stato prelevato il contributo di solidarietà per salvare l’Italia dalla bancarotta.
Bravi, i ministri-professori Fornero, Giarda, Profumo, Ornaghi, continuo a dirmi: quando va male, riescono a decuplicare il mio stipendio. Tutti questi soldi perché sono bravi professori? No. Per modestia mi metto in disparte, e penso ad alcuni miei colleghi bravissimi che, più o meno, hanno il mio stesso stipendio.
Dunque, i ministri-professori posseggono un’opportunità in più: sulla base del prestigio della cattedra universitaria e della loro competenza ottengono consulenze, nomine nei consigli d’amministrazione e altri incarichi. Si genera così una perversione economica: tutta l’attività extra universitaria rende enormemente di più di quella accademica che, per legge, risulta essere il primo e fondamentale impiego. E sempre per legge, il docente deve chiedere l’autorizzazione al rettore per poter svolgere un lavoro retribuito al di fuori del normale orario accademico.
Sicuramente i ministri-professori avranno tutte le carte in regola con l’amministrazione universitaria, e il loro primo impegno, come prevede la legge, sarà dedicato alle lezioni, agli esami, alle tesi, al ricevimento degli studenti, alle questioni inerenti il programma di ricerca e di indirizzo, come, appunto, recita la legge. Dunque, è altamente meritorio se, dopo tutto questo lavoro, alcuni sono stati in grado - come i ministri-professori - di dedicare il proprio tempo ad altre attività, portando in esse la propria competenza ed esperienza.
Tuttavia, come si può non pensare a quei docenti universitari, bravissimi, che hanno stipendi inferiori ai loro colleghi dell’Europa del Centro-Nord e che non hanno l’opportunità di usare il prestigio della loro cattedra per attività extra accademiche semplicemente perché la loro specialità scientifica non è richiesta dal mercato del lavoro? Questi sono professori di serie B, almeno osservando le madornali differenze di stipendio, ma rimangono in serie A se si pensa alla loro dedizione per l’insegnamento e per la ricerca scientifica.
È sciocco pronunciarsi moralisticamente a favore di questi o di quelli; comunque la norma sulla trasparenza un merito l’ha avuto, e non è quello di far conoscere gli stipendi dei ministri-professori, ma per lasciare immaginare alla maggioranza della gente che non sa, cosa succede nel mondo universitario, dove docenti con la professione di ingegnere, architetto, avvocato, medico... moltiplicano i loro stipendi. Naturalmente sempre con le carte in regola.

Però, chissà perché, i migliori se ne vanno dalle nostre accademie, proliferano università clientelari istituite pensando ai professori e non agli studenti, i concorsi per la docenza hanno raggiunto livelli di indecenza per lo sfacciato nepotismo ed eccellenti curricula di studi e di ricerca non sono affatto sufficienti per ricevere la considerazione che meriterebbero.

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