Politica

I miracolati dell’Avvocato che neppure lo difendono

Susanna Agnelli ha chiuso una dinastia. La sua morte ha segnato la fine di un’epoca, dopo le figure di Gianni e di Umberto, lei è stata l’ultima a rappresentare pubblicamente, storicamente, carismaticamente la famiglia. Gli eredi esistono, resistono, occupano ruoli importanti ma, oltre ad avere altri cognomi, percorrono altri itinerari, si sono sparpagliati, parenti, affini, e amici.
Dopo la scomparsa di Susanna Agnelli è scattato il libera tutti, sono saltate le marcature, il Paese ha voluto confermare la propria tendenza a passare da piazza Venezia e a piazzale Loreto, dunque Gianni Agnelli, gli Agnelli, sono diventati l’orso del luna park, tre palle cento lire, avanti il prossimo. La gente mormora ma la corte resta in silenzio, il silenzio degli agnelli si potrebbe dire, traducendo alla lettera il titolo del film del 1991 di Jonathan Damme «The silence of the lambs» che fu così in spagnolo («El silencio de los corderos»), in francese («Le silence des agneaux») ma che, per motivi di mercato o di riverenza, diciamo così, da noi venne riadattato ne «Il silenzio degli innocenti». Il silenzio di chi ricevette benefici e privilegi dal senatore e che oggi non apre bocca nel tentativo di tutelarne l’immagine, di rispettarne comunque la memoria. Il silenzio dei suoi parenti, da John che ha ricevuto in diretta l’eredità della Fiat ma si tiene alla larga dalle beghe che riguardano sua madre e il patrimonio del nonno; a Lapo che concede un’intervista a Jovanotti ma si dimentica di suggerire a tutti, a se stesso, una riflessione sulle ultime vicende di casa. Il silenzio dei direttori de La Stampa che sono passati da Torino e dal sito hanno ricevuto denari e luce, potrei dire di Ezio Mauro che due domande, soltanto due, potrebbe porle a se stesso, dov’ero dal millenovecentonovantadue al millenovecentonovantasei e dove sono? Via Marenco? Corso Marconi? Potrei dire di Marcello Sorgi che narrava storie di mafia all’Avvocato curioso di sapere tutto sui mammasantissima e che si illuminò d’immenso quando il Direttore della Stampa gli presentò Giovanni Falcone. Che cosa ha da dire Sorgi, oggi? Potrei citare Paolo Mieli al quale Agnelli affidò l’officina di un nuovo giornalismo, una specie di mandato per cambiare passo e abitudini in un’Italia che si prendeva a martellate con tangentopoli. Si potrebbe chiedere un chiarimento al silenzio di Gad Lerner impegnato nella protezione delle minoranze ma anche delle vacanze con De Benedetti; e, appunto, il silenzio dello stesso Ingegnere impegnato, non soltanto con Lerner, ma con il trasloco in Svizzera, e ancora il silenzio di Cesare Romiti che ha assistito in piedi all’officio funebre di Gianni Agnelli ma resta seduto oggi, mentre al posto dell’odore di incenso si respira l’aria e altro sputati dal ventilatore contro l’ex datore di lavoro di Cesarone.
Resta silenzioso Luca Cordero di Montezemolo con la testa alla formula 1 e al prossimo gran premio in politica o, ancora, agli affari con Della Valle. Resta con la bocca cucita e la penna scarica Furio Colombo che fu presidente di Fiat Usa ma oggi non ha tempo e voce furiosa per dire due cose, di sinistra ma due cose, su chi gli aveva fatto scoprire l’America e altri continenti. Non parla Jas Gawronsky che dell’Avvocato aveva lo stile, l’eleganza e anche tentativi di dizione oltre a frequentazioni di salotto. Non tralascio nell’elenco il banchiere Bazoli, dormiente come certi conti corrente. L’afonia è arrivata prima dell’influenza suina, è malattia subdola, vigliacca, non sono disponibili in commercio farmaci in grado di annientarla.
Ci ha pensato un uomo solo, al comando, Gianni Riotta, ha provato a tenere lontano le malelingue sui fondi neri, sul tesoro nascosto, sulle ombre fiscali, una voce nel deserto mentre tutt’intorno, politici compresi, anzi prima di tutti quelli dell’epoca dell’Avvocato i contemporanei del senatore, da Giulio Andreotti in giù, hanno fatto finta di nulla, omertosi, al massimo mormorando nei corridoi, dopo aver sbirciato tutto il possibile, letto e riletto, documenti e scoop, dandosi di gomito per dire «io lo sapevo già», tutti tremendamente indaffarati tra il contenzioso sul dialetto, i capricci sessuali del premier, i videogame della Lega, i respingimenti e le perdonanze. Ecco perché il silenzio degli innocenti era una traduzione fasulla.

Innocenti? Non era una casa automobilistica? Morta anche quella.

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