I moderati hanno scelto il Polo

Gianni Baget Bozzo

La sinistra ha vinto tecnicamente le elezioni. Le ha vinte per due leggi del centrodestra. La prima è quella che riguarda il voto degli italiani all’estero: questo voto, legato all’iniziativa di un antico combattente missino come Mirko Tremaglia, nasceva dalla convinzione che vi fosse negli italiani all’estero un senso di italianità maggiore di quello degli italiani in patria e che, siccome il sentimento nazionale andava a destra nel Paese, avvenisse così anche all’estero. Ciò era forse vero per la prima generazione di emigranti, ma l’italianità non è una vera e forte identità nazionale. L’Italia è in un certo modo una nazione universale e gli italiani si inseriscono facilmente nei Paesi che abitano. Le componenti ideologiche possono avere più peso del sentimento nazionale. Inoltre il centrodestra avrebbe dovuto tenere conto che la scelta proamericana dell’Italia nella questione irachena ha esposto i nostri connazionali alla diffusa critica antiamericana in vari Paesi nel mondo, specie in Europa e in America latina, due zone importanti per il voto italiano all’estero. Ha nuociuto anche l’assunzione del mattarellum con la nuova legge Calderoli, in realtà legge Casini, che ha creato il premio di maggioranza e ha separato interamente il risultato del voto dalla realtà del territorio e del voto del candidato. Se fosse rimasta la vecchia legge elettorale, il mattarellum, difficilmente gli elettori della Margherita o dell’Udeur avrebbero votato per un candidato di Rifondazione o dei Comunisti italiani. Inoltre il tema della discontinuità si è rivelato sbagliato: il voto degli elettori del centrodestra è stato un voto di continuità. Questo tema dell’autosconfitta è stato sottolineato dalla stampa e ha oscurato il fatto della vastità del consenso che si è raccolto attorno alla persona di Silvio Berlusconi. Non ha vinto la sinistra, modesto il suffragio al Senato di Ds e di Margherita, sceso anche il voto della lista unitaria rispetto alle Europee, buone affermazioni invece dei partiti di sinistra. Non si è verificato un incremento di quella scelta riformista e moderata che dovrebbe dar luogo al partito democratico. L’elettorato moderato è rimasto al centrodestra, nonostante il fatto che attorno all’Unione fossero schierati tutti i mezzi di informazione e tutti i centri di potere finanziario, sindacale e culturale. I poteri hanno votato per la sinistra, il voto popolare si è radicato nel centrodestra.
Nascerà in Italia il governo più di estrema sinistra dell’Europa, anche fuori dell’Unione, mentre i poteri forti e le istituzioni internazionali chiedevano politiche di restrizione della spesa pubblica. Può un governo composto di partiti dell’Unione attuare una politica economica che viene richiesta a livello internazionale e che gli organi di stampa hanno sostenuto contemporaneamente al loro favore per la sinistra?
Il discorso di Silvio Berlusconi sul dialogo con la nuova maggioranza nasce dalla convinzione che l’enorme coalizione di interessi che si è costruita contro di lui non ha in sé l’unità necessaria per governare cinque anni. Già il supporto della Confindustria è andato fuori orbita e una materia così delicata come la legge Biagi.
E poi verrà, problema non piccolo, la politica estera, mentre è ancora in corso la guerra irachena e si è aperta la questione dell’atomica iraniana. La linea antiamericana non è più al governo in Europa, se non in Spagna, ed è essa a costituire il tema di fondo della spinta propulsiva della sinistra, il suo non avere confini a sinistra, che è la sua forza. La tattica di Berlusconi è quella di attendere che le contraddizioni interne della sinistra si manifestino. Tutti guardano a D’Alema come quello che potrebbe farle scoppiare perché lo ha già fatto una volta. Ma rimane il fatto che alle varie crisi che toccano il sistema Italia, che lo ha fatto definire malevolmente il malato d’Europa, si aggiunge ora la crisi del sistema politico, un’Italia spaccata in due, il centrodestra finalmente è lontano dall’antiberlusconismo ed è unito attorno al suo leader. Non sono giorni facili per il Paese, sono forse tra i più difficili, almeno come il ’78 e il ’92, nella storia della Repubblica italiana: e forse peggiori perché toccano la struttura della società mentre crisi pregresse riguardavano la sua sovrastruttura politica.


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