I musei fai-da-te dedicati alle guerre Chi sono i custodi della nostra storia

Sono moltissimi gli italiani che per passione (e con i loro fondi) raccolgono cimeli, documenti, foto. Un lavoro certosino che ha un solo nemico: la burocrazia

I musei fai-da-te dedicati alle guerre Chi sono i custodi della nostra storia

«Il doveroso ricordo del passato» scriveva sir Robert Baden Powell, il generale educatore e scrittore inglese famoso per avere fondato il movimento degli scout e la cui data di nascita oggi coincide con la giornata del pensiero. «Che possa servire a non commettere più gli stessi errori e a lasciare il mondo un po' migliore di come lo abbiamo trovato». La necessità della «memoria» come pegno indispensabile alla verità per la rinascita di una società giusta soprattutto di fronte a guerre che nel secolo scorso hanno segnato la storia del nostro Paese e del mondo intero. Guerre mondiali il cui ricordo è oggi fortunatamente lontano, tramandato da ricordi e racconti sempre più flebili, da tracce sbiadite e spesso cancellate nel nome di una verità che spesso si alimenta con il credo di una fazione. Ma il dovere del ricordo per molti è una missione concreta che diventa il lavoro di una vita. Un mestiere che nasce dalla passione di chi raccoglie e colleziona per diventare poi custode di una storia che contribuisce e tener viva, rimettendoci spesso denari (tanti) e combattendo contro una burocrazia spietata che in molti casi diventa la battaglia di tutte le battaglie. E così da Nord a Sud, da Est a Ovest l'Italia prova a ricordare. A fermare il tempo dove si è combattuto, dove la libertà è diventata storia di eroi ma anche di sangue e di morte. In Italia non esiste un museo centrale. Sono tante le realtà pubbliche e private che recuperano, censiscono, catalogano, classificano, espongono e conservano.

Per chi ama la storia e le due Guerre il viaggio della memoria può partire da Rovereto, dal suo Castello adibito a Museo storico della guerra che ospita la più complessa e drammatica esposizione italiana dedicata alla Grande guerra. La sua raccolta cominciò nel 1921 quando fu inaugurata dal re Vittorio Emanuele III, per celebrare la vittoria dell'Italia e dei suoi alleati. Durante la Grande guerra, Rovereto fu occupata dalle truppe austriache e saccheggiata. Per questo la città divenne simbolo delle «terre redente» e il Museo uno dei principali luoghi della memoria. Ricostruita con cimeli, documenti donati da cittadini ed ex combattenti, con le artiglierie e le armi che fanno solo immaginare quanto siano stati terribili i campi di prigionia e la vita di trincea.

Trincee che in Valcamonica, sull'Adamello, sono diventate parte del Museo della guerra bianca. Che ha scolpita nel granito della colonna dell'Ortigara una frase che è la perfetta sintesi del lavoro di questi avamposti della storia: «Per non dimenticare». Un motto e un impegno nei confronti dei caduti dell'uno e dell'altro fronte. A Temù, al fianco dei tanti reperti, sono state conservate le fortificazioni, i manufatti militari, le strade, i sentieri militari, i cippi e le iscrizioni. E tutto racconta ancora la drammaticità della vita quotidiana. Così in Valcamonica ma anche sulle Dolomiti bellunesi nel Museo di guerra Forte Tre Sassi al Passo di Valparola, in Carnia nel Museo di Timau, a Fogliano Redipuglia nel Goriziano nel Museo multimediale della grande guerra o sulle cime della val d'Aosta n el Museo della Resistenza di Valpelline. È un viaggio nel tempo che in tanti non vogliono far svanire.

Battaglie, bombardamenti, sbarchi, come ad Anzio racconta il museo collocato nella seicentesca Villa Adele.

Come a Salerno nel Museo che racconta l'approdo delle truppe alleate nell'operazione Avalanche, inaugurato sotto l'alto patronato del presidente della Repubblica italiana, nel settembre del 2012 o come a Catania nel Museo dello sbarco che ricorda l'arrivo sull'isola delle truppe americane nel 1943. È una storia andata, un tempo che testimonia ciò che l'Italia ha vissuto e che in tanti provano a custodire. Affinché resti un monito.

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