I nazionalisti di Internet

A Tunisi si è concluso in questi giorni un convegno su Internet. Detto in questi termini, sembrerebbe che nella capitale tunisina si siano dati appuntamento i soliti fanatici che stanno per ventiquattro ore al giorno con il naso appiccicato al computer. E invece in quel convegno si è discusso sul nuovo Impero Moderno - Internet -, sul modo di amministrare l’Impero in cui hanno incominciato a vivere gli uomini del pianeta.
Con parole semplici si può spiegare che Internet è gestito da una fondazione statunitense, Icann, la quale risponde al controllo del dipartimento del Commercio Usa. Questa fondazione ha il compito - sempre per dirla con parole comprensibili - di gestire i milioni di indirizzi di Internet, i nuovi inserimenti, le cancellazioni, ecc. Insomma, chi vuole aprire, introdurre una pagina, un sito internet, deve fare i conti con Icann, e, dunque, qualora si affermi che Internet è controllata dagli Stati Uniti non è affatto sbagliato, come d’altra parte è assolutamente corretto sottolineare che Internet è gestito nella più totale libertà.
A Tunisi, però, si è voluto mettere in discussione proprio il fatto che il dipartimento del Commercio Usa abbia un’influenza tanto importante su Internet. Alcuni Paesi come Iran, Arabia Saudita, Cina, Cuba, Libia e, tra quelli europei, Francia e Germania hanno dichiarato di non accettare che un unico Paese, gli Usa, possa avere la supervisione di una tecnologia tanto importante come, appunto, è Internet. Per dare una risposta al problema, il convegno di Tunisi si è chiuso con l’intenzione di aprire un forum che discuta sulle modalità di superamento del controllo statunitense di Internet.
Ciò che emerge in tutta evidenza è la volontà di sottomettere Internet al controllo nazionale, che, di fatto, è l’unica concreta possibilità per sottrarlo a quello sovranazionale americano. Dunque, si intende frammentare l’Impero in pluralità nazionali. Che senso ha?
Incominciamo dalla semplice constatazione che oggi la vita è regolata dall’accesso a Internet. Senza troppa retorica si possono ricordare le tesi di Richard Stallman, uno dei massimi esperti delle problematiche teoriche e pratiche del mondo di Internet. Lo studioso sostiene che il libero accesso alla rete «stabilisce un principio di cooperazione che alla lunga diventa tanto più importante proprio perché insegna alle persone a mettersi insieme e a fare delle cose uniti da uno spirito di solidarietà».
Ora c’è da chiedersi se questo «spirito» possa continuare ad essere preservato qualora il controllo di Internet venga affidato alle singole nazioni della Terra.
Oggi Internet è una vera e propria metafora della forma di governo di un Impero: esso travalica i confini nazionali, è una realtà universale libera che abbraccia tutte le nazioni, consente una fruizione totale delle sue informazioni che è, appunto, un principio fondamentale dell’uguaglianza fra gli uomini. Se mi si consente, con le dovute proporzioni, l’impero mediatico di Internet ha la stessa funzione di unione tra le genti e di distribuzione di analoghi diritti che esisteva nell’Impero romano, per cui un cittadino spagnolo apparteneva allo stesso complesso amministrativo e accedeva allo stesso sistema di conoscenze di un cittadino che abitava in Sicilia o in Siria.
Di fronte agli egoismi nazionali, l’impero mediatico di Internet con il suo popolo è garanzia di libertà.

L’universalità della comunicazione, la solidarietà che essa costruisce e stabilizza, la sua oggettiva possibilità di ridistribuire la ricchezza attraverso un uso migliore delle risorse umane, rende davvero un ferro vecchio i nazionalismi economici e ideologici.

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