«I No Tav mandano le pallottole? Pronti a militarizzare il cantiere»

L’estrema sinistra presenta il conto al Pd dopo la vittoria alle amministrative, la maggioranza risponde schierando l’esercito ai cantieri delle opere pubbliche. Non bastavano i picchetti dei centri sociali sotto casa dell’ex vicesindaco di Milano: il popolo degli antitutto è passato al piombo virtuale, con due pallottole griffate «No Tav» recapitate ai Pd torinesi Stefano Esposito e Giorgio Merlo, colpevoli di essere favorevoli al tracciato dell’Alta velocità Torino-Lione. «Intanto i cantieri in Val Susa sono ancora fermi - spiega il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto - si è cercata una mediazione impossibile. Spostiamo il tracciato, diminuiamo l’impatto ambientale, troviamo dei ritorni economici sotto forma di investimento per le popolazioni. E intanto i costi sono lievitati...».
A sinistra c’è chi dice no.
«Viviamo in una democrazia non reale, in una dittatura delle minoranze che si arrogano il diritto di bloccare opere fondamentali. È gentaglia, mi scusi il termine, che fa gli “antitutto” di professione, con un’idea di democrazia per cui chi non la pensa come te va eliminato. È in quel marciume ideologico che nascono le minacce».
E allora si militarizzano i cantieri...
Di fronte a tutto questo mi augurerei di non usare l’esercito, a fare un compito che non spetta a loro, però... Io so che lo Stato l’opera la deve fare. Le infrastrutture stanno a un Paese come il sistema sanguigno sta all’uomo».
Cosa rischiamo se non si fa la Tav?
«Se le merci non passano da qui passeranno da un’altra parte. Se non posso portare merci fuori dall’Italia o in Italia il sistema Paese muore, un po’ alla volta. Muoiono i porti, chiudono le imprese, si perdono posti di lavoro... Ogni anno gli altri paesi si muovono e ci prendono una parte di ricchezza. Ci sono industriali italiani che se ne vanno e stranieri che non vengono».
Pensa che il neo sindaco di Torino debba farsi promotore di un’iniziativa per sbloccare la situazione?
«La sinistra che chiede più posti di lavoro è la stessa che crea le condizioni perché il lavoro non ci sia più. Non è che Fassino amministra un Comune di 200 abitanti. Torino è una città con un milione di persone, che nasce come città industriale, che vive di pubblica amministrazione ma anche di aziende private che diano lavoro e producano reddito per pagare le opere pubbliche. Può vivere di turismo perché è una città bellissima. Ma non ci sono porti, non c’è mare, non ci sono spiagge. E allora?».
Anche la Fiat non se la passa benissimo...
«Sergio Marchionne tutti i giorni ci richiama al fatto che non abbiamo i requisiti per reggere la sfida competitiva. Secondo il rapporto del World economic forum siamo agli ultimi posti su infrastrutture, giustizia e banche. Se la situazione non cambia, l’Italia si avvia verso un declino che non è neppure così lento».
Beh, adesso che ha vinto la sinistra cambierà tutto. O no?
«Fin dal primo giorno, quando sentivo Bersani ridere, pensavo: “Dovrebbe piangere lui più del centrodestra”. Perché sta crescendo una sinistra dannosa per il Paese che non vuole recidere il cordone ombelicale ed elettorale con quelle frange estreme che rendono imperfetto questo bipolarismo. Lui, Vendola e Pisapia parlano bene ma io non affiderei mai loro il mio futuro.

Parlano di una società che non esiste, come se fosse possibile che una città esca dal corso del mondo, urlano in piazza, a Milano, “venite rom, venite musulmani” e propalano bugie sui referendum come sull’acqua “privata”. Le loro proposte uccidono il Paese. Ci vogliono portare in autostrada contromano nell’ora di punta».
felice.manti@ilgiornale.it

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