«Il primo Novecento a Quezzi». Questo è il titolo della manifestazione che il quartiere sulle alture di Marassi, ha organizzato in onore dei novant'anni di Emilio Fossati. Quezzino doc e memoria storica della bella Genova «che fu». Tenore di fama, Emilio Fossati è stato grande amico e ha lavorato insieme a Gilberto Govi, nel periodo in cui, tra quella manciata di case su, all'Olmo, sul crinale che sale al forte Ratti, cera un teatro. E, i genovesi benestanti, quelli dei «Manezzi», andavano a Quezzi in villeggiatura. La sua casa è stata per anni un «salotto» per artisti genovesi. Qualcuno aveva scritto che andare in casa Fossati è come passare una giornata in montagna, all'aria aperta, tra varie specie di piante. E, sotto un bellissimo «bersò», il pergolato, cè una balconata dalla quale si gode una splendida vista di Quezzi e della vallata fino al mare. Alla festa che si è tenuta in suo onore, Fossati è stato «catapultato» a sorpresa dal figlio Riccardo. E i primi minuti sono stati di vero smarrimento per un uomo così schivo e timido. Una persona che tutte le mattine, nonostante i suoi novanta anni, affronta la lunghissima «creuza» che lo porta, scalino dopo scalino, alla piazza di Santa Maria di Quezzi. Va a fare la spesa, lo si incontra sull'82 mentre scende verso Largo Merlo. Un uomo di grande spessore artistico che si mimetizza tra la folla. Durante la festa ha ripercorso con le parole le tante tappe della sua vita e della sua carriera artistica. Frasi accompagnate anche da video, musiche e tanti ricordi anche dei tanti amici del quartiere. Ed eccolo in foto insieme a Gilberto Govi e anche a braccetto con un giovanissimo Paolo Emilio Taviani, agli inizi della sua carriera teatrale. Ma anche con l'indimenticabile Enzo Tortora, alle sue prime esperienze radiofoniche.
Fossati aveva però abbandonato la carriera teatrale per dedicarsi completamente a quella di cantante che più gli si confaceva. La sua splendida voce per anni ha risuonato nelle navate delle chiese genovesi. Scolpita nella memoria l'«Ave Maria Zeneise» del mastro Dodero. Le sue belle canzoni in dialetto genovese sono arrivate fino Oltreoceano ai nostri emigranti in terra d'America.
Negli anni Cinquanta conobbe Mario Cappello, autore della celeberrima «Ma se ghe pensu», riconosciuta, insieme alla Lanterna, come il simbolo della Superba. Cappello riconobbe in Fossati il suo erede e successore. Ma Fossati non si dimenticò mai di essere di Quezzi, di cui va fiero, non abbandonò mai il suo quartiere di cui ne parla ancora con le lacrime agli occhi.
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