I numeri uno della nuova Amministrazione

La squadra della nuova Casa Bianca. Già in vista guerre intestine tra le molte primedonne

I numeri uno della nuova Amministrazione

Ha creato un governo e poi un supergoverno e poi una squadra di funzionari incaricata di dirigere il traffico amministrativo e verosimilmente le controversie. Seguire la nuova amministrazione americana non sarà agevole. In fondo con Bush era semplice: a contare davvero erano i fedelissimi come Cheney, Rove, la Rice; gli altri erano poco più che comparse. Ai tempi di Bill Clinton la gestione della Casa Bianca era caotica: le riunioni erano interminabili e venivano convocate alle ore più improbabili, ma perlomeno le competenze erano chiare.

E Barack Obama che presidente sarà? Non può vantare esperienze governative, nemmeno a livello locale e per sopperire a questa carenza ha scelto molti collaboratori provenienti proprio dall'ex squadra di Bill. I suoi collaboratori dicono che ama essere puntuale e che si sforza di rispettare rigorosamente gli impegni in agenda. Ma rischia di passare molto tempo a gestire le lotte di potere tra i suoi uomini. Già, perché di fatto Obama ha creato non un governo, ma due. O meglio: ha ampliato il numero di consiglieri personali e li ha raggruppati nella West Wing della Casa Bianca, di fianco al suo Studio. E che consiglieri: dei pezzi da novanta, sovente più prestigiosi ed esperti dei ministri. Da qui i dubbi della stampa americana: chi eserciterà il vero potere? Ed è saggio accomunare tanti fuoriclasse?

Il rischio è che la Casa Bianca venga dilaniata da interminabili liti tra gli «zar» di primo e di secondo livello. Prendiamo l'economia. Chi conterà davvero? Il collaudato Larry Summers, ex ministro di Clinton, o il suo ex allievo Timothy Geitner a cui spetta l'incarico di segretario al Tesoro? E ancora. Obama ha affidato il dicastero dell'Energia e dell'ambiente al premio Nobel, Steve Chu, ma al contempo ha creato l'ufficio presidenziale per l'Energia e per la politica climatica, che verrà guidato da Carol Browner, ex collaboratrice di un altro Nobel, Al Gore. Peccato che i due abbiano visioni completamente opposte. Chu è persuaso che le tecnologie esistenti non siano sufficienti a contrastare l'effetto serra, la Browner, una pasionaria verde, invece sì. A chi darà ascolto Barack?

In politica estera il quadro è ancora più confuso. Il nuovo consigliere alla Sicurezza è il generale in pensione James Jones, noto per il suo pragmatismo, ma il segretario di Stato è Hillary Clinton e al Pentagono è stato confermato Robert Gates, un uomo di Bush e dunque dell'establishment militare. Chi ispirerà davvero la nuova politica estera americana?

Tom Daschle, invece, non avrà di questi problemi. L'ex leader dei democratici al Senato è stato nominato ministro della Salute e al contempo consigliere presidenziale per la riforma del sistema sanitario. Un'anomalia apparentemente inspiegabile, se non con il desiderio di rafforzare le prerogative del concistoro, al quale avranno accesso anche Cass Sunstein, incaricata di studiare la regolamentazione dei mercati finanziari e Adolfo Carrion per le politiche urbane.

Janet Napolitano guiderà la Homeland Security, una sorta di ministro degli Interni, ma dovrà confrontarsi con il capo della Cia, Leon Panetta, e con Dennis Blair, direttore nazionale dell'Intelligence, ovvero lo «zar» dello spionaggio contro il terrorismo. Tra i ministri di rango gli unici a non temere sovrapposizioni sono Eric Holder alla Giustizia, Arn Duncan all'Istruzione e naturalmente la squadra addetta alla Comunicazione, che è la stessa della campagna elettorale, composta dallo stratega David Axelrod, con l'incarico di superconsigliere personale, dal portavoce Robert Gibbs e dallo speech-writer Jon Favreau.

Gli esperti sono scettici. «Così strutturata l'amministrazione non può funzionare», ammonisce James Lindsay, ricercatore dell'università del Texas. «Troppe prime donne», avverte David Rothkopf, brillante pupillo di Kissinger, secondo cui «entro un anno Obama dovrà rimodellare la squadra, allontanando alcune personalità di grido».
Il pericolo è che tra i consiglieri e i ministri si scatenino violente guerre sotterranee per ottenere un accesso privilegiato al presidente e che la stampa possa essere usata come canale per indebolire i rivali interni.

Ecco perché il terzo livello, quello dei funzionari, avrà un ruolo cruciale. Tutti gli occhi sono puntati sul Chief of staff, ovvero l'uomo che gestisce l'agenda del presidente e i suoi rapporti istituzionali.

Quell'uomo è Rahm Emanuel, soprannominato Rahmbo per la sua grinta; subito sotto Peter Orszag, responsabile del budget, mentre al Pentagono eserciterà la sua discreta, ma cruciale influenza il viceministro William Lynn. Barack in campagna elettorale aveva promesso di contrastare gli «interessi particolari», eppure Lynn è un noto lobbista dell'industria delle armi.

Sì, c'è molta confusione sotto il cielo di Obama.

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