"I nuovi br non isolati come la Lioce"

Fabrizio de Feo
da Roma

Sono «meno isolate dell'ala militarista di Nadia Lioce». Anzi «c'è una rete non particolarmente estesa della quale dobbiamo tenere conto Ma le Brigate Rosse sono anche «ben lontane da quella rete indefinita di nascosti consensi e di nascoste complicità di cui le Br usufruirono prima dell'assassinio di Aldo Moro che rappresentò la fine della solidarietà intorno a loro».
Giuliano Amato, nella sua informativa alla Camera, fotografa con prudenza ma senza inciampare in pericolose sottovalutazioni il ritorno del pericolo terroristico. E lancia una sorta di appello ai nostri rappresentanti: «Il Parlamento sia solidale con le forze dell'ordine in qualunque circostanza». Un invito accolto da un lunghissimo applauso. Il ministro dell'Interno conferma le voci su una possibile saldatura tra le Br e la 'ndrangheta circolate nelle ultime ore. Le indagini della polizia hanno evidenziato contatti e collegamenti tra il gruppo terroristico e la criminalità organizzata» dichiara in aula. E affronta anche il tema caldo del canale di ingresso rappresentato dal sindacato. «Non so se si può parlare di adesione alla Cgil, o di infiltrazione in Cgil da parte di quel gruppo» dice il ministro dell'Interno. «Di certo il gruppo terroristico appena sgominato puntava ad innestarsi nei movimenti sociali, guardando in particolare alle fabbriche, alle proteste di periferia, al movimento no Tav, a differenza dell'ala militarista delle Br, che da essi veniva infatti criticata proprio per il suo isolamento rispetto alla società».
 Amato parla di «nuclei attivi non solo a Torino, Milano e Padova ma anche a Roma»; «attitudini a comportamenti tipici di eversori segreti»; di comunicazione attraverso Internet; di un «leader ideologico del gruppo», il cinquantenne Alfredo Davanzo. E un bollettino di riferimento, L'Aurora, le cui posizioni venivano ripetute «in modo quasi pedissequo nelle decine di ore di conversazioni intercettate tra alcuni dei personaggi arrestati».
Nella sua informativa il titolare del Viminale scorre anche la lista dei possibili bersagli.

Definisce «concreta» la possibilità di un attentato contro il giuslavorista Pietro Ichino così come quella di «un atto dimostrativo in un giorno di chiusura, un atto incendiario con benzina e acido» contro il quotidiano  Libero Nel mirino c'era anche la «sede del quotidiano  Il Foglio e «alcuni obiettivi israeliani Tra i bersagli anche un'abitazione milanese del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, un centro intitolato a Marco Biagi a Milano, due dirigenti della Breda e la palestra Doria di Pasquale Guaglianone, detto Lino, residente a Basiglio, «noto per essere militante della destra radicale».Una pluralità di soggetti a cui Amato esprime la sua piena e convinta solidarietà.

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