La prima vittima dell'influenza A in Arabia Saudita è un uomo di 30 anni. L'annuncio del decesso è stato dato dai funzionari del regno. Si tratta del secondo caso fatale in medio oriente: è morta anche una ragazza in Egitto. Aumentano così le preoccupazioni dei ministri della Sanità dei governi della regione, che pochi giorni fa, in una mossa inedita nella storia dei Paesi islamici, hanno deciso di comune accordo d'imporre condizioni ai pellegrini che a fine novembre, picco della stagione influenzale, si recheranno nelle due città sante all'islam, la Mecca e Medina, in Arabia Saudita. Non potranno portare a termine l'hajj, uno dei cinque pilastri dell'islam, un dovere del fedele musulmano, le persone di più di 65 anni e meno di 12 e chi ha malattie croniche.
Ogni anno il pellegrinaggio islamico riunisce alla Mecca oltre tre milioni di persone in arrivo da 160 nazioni: il timore è che un tale evento di massa possa favorire una veloce propagazione del virus H1N1 che finora ha ucciso 700 persone nel mondo.
La decisione dei ministri della Sanità ha diviso il mondo musulmano. Il Gran Mufti d'Egitto, Ali Gomaa, ha detto che chi non rispetterà i limiti imposti dai governi sarà considerato «un peccatore». L'università di Al Azhar, al Cairo, maggiore istituzione dell'islam sunnita, ha ricordato come una simile misura fosse stata presa dalle autorità egiziane nel 1946, quando nel Paese scoppiò un'epidemia di colera. Il celebre editorialista del giornale saudita aSharq el Awsat, Abdul Rahman al Rashid, ha parlato di «misura necessaria» per chi si trova in posizioni di responsabilità. Ma nel Paese, alcuni uomini di religione hanno dichiarato contrario all'islam impedire ai fedeli di compiere il loro dovere.
L'accesso al pellegrinaggio è regolato dal regno saudita, che emette un numero limitato di visti all'anno: una quota stabilita in anticipo per ogni Paese.
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