Politica

I palazzi del palazzo

Da Affittopoli a Svendopoli il passo non è stato breve, sono trascorse molte primavere da quel 17 agosto del 1995 in cui Il Giornale titolò in prima pagina: «L’Inps regala le sue case. A chi?». Così iniziò Affittopoli. Dodici anni dopo, siamo qui a battere i tasti per raccontare la storia delle case comprate dai politici a prezzi stracciati.
Diciamo subito che i privilegi sono bipartisan, ma il centrosinistra sul mercato immobiliare ha una marcia in più. Sono persone che non solo hanno capacità di risparmio inimmaginabili per un italiano medio, ma anche uno straordinario fiuto per gli affari. Più che del Palazzo, dovrebbero occuparsi di palazzi. E infatti se ne occupano, per se stessi e la famiglia.
È una sfacciata storia di comprati e venduti dove il privilegio è ereditario, passa dai padri ai figli, e potrebbe avere la ciliegina sulla torta quando si scoprirà che chi ha acquistato la casa di pregio con supersconto e quotazione al ribasso poi l’ha rivenduta intascando la plusvalenza.
È una storia che ci insegna, ancora una volta, molte cose sullo stato comatoso delle istituzioni, su una classe sempre meno dirigente ma più digerente che mai.
È una storia che i colleghi dell'Espresso hanno sbattuto in copertina registrando il tutto esaurito in edicola. Dal settimanale di via Po ci dividono molte cose, ma il gusto per il giornalismo d’inchiesta ci accomuna. Fa sentire noi del Giornale un po’ meno soli ed è un buon segno per l’editoria: il lettore svuota l'edicola se c'è qualcosa di intrigante da leggere, conferma che si vendono le notizie e non solo i gadget. Per queste ragioni troviamo un po' sorprendente che «Svendopoli» sia sparita dalle prime pagine di quotidiani come Repubblica e Il Corriere della Sera che negli ultimi mesi aveva scoperto quello che per Il Giornale è pane quotidiano: la «Casta».
Un’inchiesta giornalistica come quella su «Svendopoli» è quanto mai salutare nel momento in cui il governo tutti i giorni si affanna a dispensare lezioni di etica e morale. Da chi voleva «organizzare la felicità», gli elettori si aspettavano qualcosa in più, non solo tasse. Il fondo per gli aiuti ai cittadini in difficoltà con i mutui a tasso variabile è una chimera (mentre Bush ha appena varato un pacchetto di sostegno per i risparmiatori), le lenzuolate di Bersani e Visco non hanno scalfito la rendita di posizione delle banche sul mercato del credito immobiliare, i programmi di edilizia popolare sono inesistenti (non finanziati nel 2007, forse briciole di euro per gli anni a venire), in compenso il governo Prodi detiene il record storico di ministri e sottosegretari e si distingue per l’esplosione di consulenze (900 milioni di euro, quasi duemila miliardi di vecchie lire) e convegni per i quali si sono spesi 100 miliardi del vecchio conio. Ciò dimostra che il vecchio adagio «parlare non costa nulla» con i politici non vale.


Come cantava Franco Battiato: povera Patria.

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