Giannino della Frattina
Prima i tassisti, poi i farmacisti, adesso i panificatori. Sotto a chi tocca dopo il terremoto provocato dal decreto Bersani sulla concorrenza. Con le categorie a turno sul piede di guerra e il governo Prodi pronto alla marcia indietro e a rimangiarsi i bocconi più indigesti del provvedimento. Nel mezzo, come sempre, i cittadini. Destinati a essere gli unici che alla fine, comunque vadano le cose, ci rimetteranno. «Palazzo Chigi dica chiaramente se è dalla parte dei consumatori oppure no», tuona Antonio Marinoni, presidente dellAssociazione panificatori di Milano e provincia che ieri ha preso carta e penna per scrivere una lettera dai toni avvelenati. Destinatario il premier Romano Prodi a cui il numero uno della categoria segnala punto per punto i guasti che il decreto Bersani avrà nel mondo della michetta. Primo passo che prelude, ovviamente, ad azioni ben più decise. Non un semplice sciopero della baguette, probabilmente difficile da attuare vista la concorrenza di supermercati e centri commerciali, ma addirittura manifestazioni dei panificatori sulle strade. E, per non farci mancare nulla in questa torrida estate, magari «con blocchi autostradali durante lesodo dagosto».
«Da sempre - spiega Marinoni - siamo favorevoli alle liberalizzazioni, ma contrari allassenza di regole. Aver allargato indiscriminatamente le maglie dellarte bianca significa aver consegnato le chiavi della panificazione in mano a chi, senza alcun riguardo nei confronti della qualità dei prodotti e della loro salubrità, intende sfornare il pane nel retrobottega in condizioni igieniche precarie. Il pericolo reale è che, grazie a questo decreto legge, si produca un effetto tsunami a vantaggio della dequalificazione dei prodotti». Larte bianca di Milano, aggiunge Marinoni, «chiede urgentemente che prosegua il confronto sul decreto governativo 223/2006, prima che esso sia convertito in legge dal Parlamento. Non è pensabile, infatti, cancellare con un colpo di spugna la legge sulla panificazione (avallata dalla Corte Costituzionale) senza ascoltare la voce di chi, con professionalità e passione, sforna prodotti deccellenza. La concertazione non può essere un lusso riservato solo ad alcune categorie di lavoratori».
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