I pensionati di Al Qaida: ultrasessantenni per missioni kamikaze

Aveva 64 anni uno dei due terroristi suicidi che martedì ad Algeri si sono fatti saltare in aria provocando 37 morti

I pensionati di Al Qaida: ultrasessantenni per missioni kamikaze

Al Qaida dopo averci provato con donne, bambini e disabili arruola un terrorista della terza età. L’esordio del primo vecchietto kamikaze è avvenuto martedì scorso ad Algeri, dove la mattanza jihadista ha lasciato sul terreno 37 vittime. Rabah Bechla, nome di battaglia Ibrahim Abu Uthman, aveva 64 anni, i baffi bianchi e un aspetto tranquillo, da nonnetto che va a prendere a scuola i nipotini. Quando si è avvicinato con il suo camion imbottito di esplosivo alla sede dell’Onu di Algeri sembrava innocuo. Un sopravissuto ha raccontato che il kamikaze «era una persona con i capelli molto bianchi. Nessuno immaginava che fosse un terrorista».
Nel momento in cui ha premuto il pulsante per attivare il detonatore forse pensava ai suoi due figli, che le le forze di sicurezza avevano ucciso in un’operazione di antiterrorismo. Si dice ora che il primo kamikaze ultrasessantenne avesse avesse un cancro in fase terminale e che quindi abbia affrontato la morte con un altro spirito. L’unico dato certo è che Bechla era stato graziato dal programma di riconciliazione nazionale voluto dal presidente algerino Abdelaziz Bouteflika. Anche il suo complice, Larbi Charef, saltato in aria quasi contemporaneamente, davanti agli uffici della corte suprema di Algeri, era uscito di galera grazie all’amnistia. Però Charef aveva oltre trent’anni di meno.
Non a caso sul sito internet dove sono apparse le foto in armi dei due kamikaze, Bechla viene esaltato come eroe più di Charef.
Il terrorista di 64 anni continua a sembrare un nonnetto piuttosto che uno spietato kamikaze nonostante la bandana con le scritte del Corano, la bandiera nera dei mujhaeddin alle spalle e l’immancabile kalashnikov al fianco. Lo sguardo appare triste se paragonato al sorriso idiota del suo socio, che indossa un giubbotto di pelle nera. Bechla, che secondo altre fonti si chiamerebbe Chebli Ibrahim, era originario di Reghaia, 30 chilometri a est di Algeri. All’inizio si era candidato nelle liste del Fronte islamico di salvezza (Fis). Quando il Fis fu messo fuori legge aderì, nel 1996, al Gruppo islamico algerino.
Con il passare degli anni sembrava che Bechla avesse abbandonato la guerra santa, a tal punto che gli era stato permesso di visitare più volte la famiglia. Alla fine ha usufruito pure lui dell’amnistia. In realtà era tornato a far parte del Gruppo salafita per la predicazione ed il combattimento. La formazione più fondamentalista, che dallo scorso anno è diventata l’Al Qaida del Maghreb.
L’altro kamikaze aveva solo 30 anni ed era cresciuto nella periferia degradata di Algeri, roccaforte degli integralisti islamici. Charef, conosciuto più per piccoli furti che per terrorismo, finì in galera nel 2005 con l’accusa di lotta armata. Un anno dopo veniva scarcerato grazie all’amnistia, ma tornava subito fra le montagne unendosi alle frange stragiste della rivolta islamica.
Per la prima volta Al Qaida si serve di un militante di 64 anni, ma in passato ci aveva provato con le donne, anche europee. La belga Muriel Degauque si è uccisa in un attentato a un convoglio di truppe americane il 9 novembre 2005, vicino a Bagdad, senza riuscire ad ammazzare un solo marine. Con l’obiettivo di non dare nell’occhio Al Qaida ha cercato di utilizzare i convertiti europei all’Islam come l’inglese Richard Reid. Su un volo diretto a Miami non riuscì a innescare l’esplosivo nascosto nel tacco delle scarpe, perché venne sopraffatto dai passeggeri.
Soprattutto in Afghanistan la guerriglia ricorre a kamikaze malati terminali, oppure disabili che grazie a una mutilazione si avvicinano all’obiettivo senza destare allarme.

I precedenti attentati suicidi in Algeria sono stati compiuti anche da giovanissimi, come il quindicenne che il 9 settembre ha attaccato una caserma in Cabilia. In Afghanistan, invece, Juma Gal di soli sei anni ha capito che il giubbotto esplosivo che gli avevano fatto indossare non era un gioco e si è consegnato ai soldati.
www.faustobiloslavo.com

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