I personaggi e i fatti che raccontano la storia del nostro Paese in una serie di immagini d'autore

Eccolo qui il cinghialone, come lo battezzò Giampaolo Pansa. Il cinghialone tra la folla siciliana per le commemorazioni garibaldine, ma poi subito dopo il cinghialone inseguito da un branco di cani e cacciatori col corno, lo spiedo e lo schioppo. Alla fine vinsero i cacciatori e Bettino Craxi morì solo in Tunisia perché non gli fu concesso un salvacondotto per venirsi a operare in Italia senza perdere la libertà.
Lo vedo sulla spiaggia di Hammamet, dove possedeva una spartana casa colonica lontana dal mare (si dormiva con i materassini sul cemento), discutere con i giornalisti mentre sua moglie gli tirava giù il costume bagnato per infilargli quello asciutto, come se fosse stato un enorme bambino. Craxi era un misto di innocenza immacolata e di efficace spregiudicatezza, ma non si mise mai in tasca una lira per sé, non aveva nemmeno la macchina e non ha lasciato tesori nascosti. Aveva come obiettivo quello di de-comunistizzare il Partito comunista e di portarlo in Occidente. E quando credette di essere arrivato a quel traguardo introducendo gli uomini del Pci fra i socialisti europei, scattò la trappola. Partì quella grande operazione chiamata «Mani Pulite» che decapitò la Repubblica facendo fuori tutti i partiti che avevano ricostruito il Paese nel dopoguerra, lasciando fuori soltanto i comunisti compatti sotto lo slogan «Quando rubiamo noi lo facciamo per il partito» e i missini che erano stati tagliati fuori dall'arco costituzionale.
Craxi nacque politicamente come figlio del leggendario segretario Pietro Nenni, che da giovane repubblicano si era battuto al fianco del cospiratore rivoluzionario di sinistra Benito Mussolini. Craxi aveva un debole per il Mussolini socialista, che considerava un prodotto tipico della sinistra italiana come Giuseppe Garibaldi, il suo grande amore rivoluzionario. Era un uomo disarmante, alternava una profonda dolcezza ad impulsi autoritari. Diventò segretario del Partito Socialista Italiano nel 1976 quando Francesco De Martino fu rovesciato per aver perso malamente le elezioni. Per prima cosa mandò in soffitta tutta l'attrezzeria simbolica di origine russa: via la falce e martello e dentro il sol dell'avvenire che sorge su un orizzonte dominato da un libro aperto.
Da filoisraeliano convinto, diventò man mano sempre più filopalestinese, credo per la smania di cospirare e finanziare movimenti politici ribelli o in lotta contro le dittature. Penso che fosse il suo vizio segreto: agire e sognare come se lui fosse stato il nuovo Garibaldi. Il momento di massimo trionfo fu quello del confronto armato con gli americani nella base militare di Sigonella. Il momento più umiliante quando fu lapidato per strada con il lancio delle monetine.

Si disse che gli americani gli avevano saldato il conto per Sigonella, ma nessuno l'ha provato. La sua scomparsa dalla scena politica coincise con la scomparsa del Partito socialista storico, antico protagonista dall'unità d'Italia fino alla Prima Repubblica.

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