«Sophia è la madre di tutti gli attori, la santa patrona degli attori, un'intelligenza fuori dal comune, un saper vivere e una discrezione unici». Lo ha detto, lo ha scritto uno che tiene cuore italiano, ha preso passaporto russo, è francese di sangue: Gérard Depardieu. Dunque Sophia Villani Scicolone, la Loren e basta, lei, l'Italia stampata non sulle monete ma nell'immaginario di chiunque abbia vissuto i favolosi anni del nostro cinema che fu il meraviglioso depliant turistico in ogni parte del mondo. Sophia, da Scicolone, dopo un breve periodo come Lazzaro, si fece e fu Loren, per idea del produttore Goffredo Lombardo perché in quel tempo andavano di moda le svedesone, e tra queste Marta Toren attrice bellissima che dopo Hollywood si era fatta conoscere anche in Italia. Da Toren a Loren e incominciò la grande storia di un'italiana verace, nata a Roma, cresciuta a Pozzuoli ma napoletana in tutto, solare, vulcanica, sfacciata, affascinante, femmina, donna, moglie e madre, volpe e leonessa. Due Oscar, un Golden Globe, un Leone d'oro, una coppa Volpi, una Palma d'oro a Cannes, un Bafta, un David di Donatello, due Nastri d'Argento, Sophia Loren ancora oggi è l'immagine di un'Italia che esiste e resiste, icona e ambasciatrice dell'arte cinematografica italiana all'estero. Anni senza età, i suoi. C'è una scena di «Ieri Oggi e Domani», film che ha sconvolto una generazione, quella dei favolosi anni Sessanta. Vittorio De Sica mise di fronte Marcello Mastroianni e Sophia Loren, divisi da un letto. Marcello è affranto, sudatissimo, in camicia, cravatta allentata e pantaloni, accucciato sul cuscino. Davanti a lui, in piedi, statua di eros, Sophia prende a svestirsi, dopo aver messo sul giradischi «Abat jour» cantato da Henry Wright; lascia la sottoveste, slaccia il reggicalze, toglie lentamente la prima lunga seta nera, la mostra come una preda da agguantare, segue la seconda calza srotolata su quelle gambe senza fine; quindi la guepière, resta il reggiseno, restano le mutandine nere, Marcello è stremato, Sophia si ferma «Non possiamo». Non c'era nulla di volgare, era commedia italiana vera, crescendo rossiniano di amore e sensualità senza necessariamente sesso, cioè Sophia.
La stessa donna madre capace di provocare lacrime strazianti per l'interpretazione maestosa ne La Ciociara, la femmina di Matrimonio all'italiana, l'artista de la contessa di Honk Kong di Chaplin, la meravigliosa di Una giornata particolare.
Come è accaduto a molti italiani senza poter purtroppo portarla all'altare. Ancora oggi, quando Sophia appare, è la statua della Libertà all'entrata del porto sul fiume Hudson. Oltre, incomincia il sogno.
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