I picchetti della casta

È sacrosanto che non si debba usare l’aereo di Stato per andare a vedere il gran premio di Formula 1. È indubitabile che sia un’offesa per i pensionati al minimo la possibilità di ricevere un vitalizio dopo due anni, sei mesi e un giorno per gli stessi signori che decretano l’aumento dell’età pensionabile per tutti gli altri. Ed è altrettanto scandaloso che basti essere stati seduti un giorno sui banchi di Montecitorio, di Palazzo Madama o di un consiglio regionale, magari senza mai aver preso una preferenza, per godere di privilegi vita natural durante. Insomma, per dirla in una parola: la Casta.
Però, a furia di urlarlo - la Casta, la Casta, la Casta! - si rischiano di perdere di vista tutte le altre caste che contraddistinguono il nostro Paese. Alcune, forse, più Caste della Casta.
Per esempio, i metalmeccanici. Lavoro nobilissimo, per carità. Lavoro probabilmente sottopagato, anche per colpa di gestioni sindacali del passato e del presente simili a quelle delle Trade Unions ottocentesche, con periodici rigurgiti di luddismo. Lavoro, però, che è vietato non definire «usurante». Ma, lavoro, almeno negli ultimi tempi alla Fincantieri di Sestri Ponente, a Genova, che sempre usurante non è.
Che succede? Succede che il colosso della cantieristica italiana - che costruisce i transatlantici migliori del mondo, grazie anche alla professionalità dei suoi operai e dei suoi quadri - ultimamente ha messo in piedi una rete di vigilanza interna per punire gli abusi: rubare rame in azienda, ad esempio, non fa parte dell’abc del buon lavoratore. Quindi, quando capita, i vigilantes intervengono.
Ma non ci si limita ai furti di rame. Ci sono anche i furti di tempo. Ad esempio, quest’estate c’erano operai che, in orario di lavoro, si stendevano al sole e si facevano la tintarella. Quando sono stati beccati, hanno provato a rivolgersi al loro sindacato autonomo che ha fatto cortesemente loro notare come fossero indifendibili. Allora, è subentrata la mitica Fiom che si è opposta ai due giorni di sospensione (due giorni, non sei mesi!), ma mica per il diritto alla tintarella, «solo perché la vigilanza interna contrasta con lo statuto dei lavoratori».
Poi, anche se a Genova il sole è tornato ancora caldo, l’abbronzatura è passata di moda. Ma non le attività alternative dei lavoratori, soprattutto personale di ditte esterne che lavorano all’interno dei cantieri di Sestri Ponente: solo nell’ultima settimana, ad esempio, la vigilanza si è imbattuta in ogni tipo di fantasia lavorativa, una specie di kamasutra delle regole di comportamento in cantiere: dal fumo a bordo degli scafi in costruzione al mancato rispetto delle leggi sulla sicurezza, quelle per cui poi si grida alla carneficina sul lavoro. Passando per il consumo e lo spaccio di droga. Poi, ci sono i dadaisti del lavoro in cantiere: un pompiere che pescava in servizio con fucile da sub; un altro che, in mancanza di muta, si accontentava di amo, lenza e canna per pescare in banchina e un altro che timbrava il suo badge per l’amico. Insomma, un po’ come fanno i «pianisti» in Parlamento, per portare a casa la diaria; la Casta! La Casta!
Di fronte a tutto questo, i sindacati confederali dei metalmeccanici, anziché scaricare i lavativi che rischiano di danneggiare migliaia di operai che lavorano bene e seriamente, cosa hanno pensato di fare? Lunedì sciopero, picchetti e blocchi stradali. Ma, per carità, mica per difendere i pescatori, subacquei o stanziali, in orario di lavoro. Ma solo «per il rispetto dello statuto dei lavoratori sulla vigilanza in azienda».
Ieri, la replica.

Il motivo dello sciopero-bis? Suona pressappoco così: «Per contestare le dichiarazioni a un quotidiano di un dirigente dell’azienda». Almeno Mastella - il simbolo de La Casta! La Casta! - quando replica, è meno suscettibile.
Massimiliano Lussana

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