Ma i piloti vanno in picchiata sulle colf

Lo snobismo di Anpac e Up: "Colaninno & C. ci avrebbero trattati peggio delle badanti"

Ma i piloti vanno in picchiata sulle colf

da Roma

Gli italiani lo sappiano. La Cai ci avrebbe trattato peggio delle colf, con tutto il rispetto per le collaboratrici domestiche. I piloti si sentono accerchiati. E provocano, in piena coscienza. Per «reagire alla valanga quotidiana di menzogne», spiegano a bassa voce. E così, forti di un numero crescente di iscritti - dicono che «negli ultimi giorni oltre 300 colleghi di Alitalia e Airone hanno lasciato i sindacati confederali per venire con noi, tanto che ora ne rappresentiamo 2.100 su 2.550 totali» - Anpac e Up contrattaccano. E puntano il dito su Colaninno e soci, visto che il contratto proposto «in alcune sue specifiche ha contenuti peggiorativi rispetto a quello delle colf». Uno scherzo? No, tutto nero su bianco su una nota.
E allora, quali sarebbero queste specifiche? «Innanzitutto ci riferiamo alla questione ferie», spiega al Giornale il vicepresidente Anpac, Stefano De Carlo. Cioè? «Le colf hanno garantiti 26 giorni lavorativi di riposo - continua - mentre nel contratto Cai sono previsti per i piloti 30 giorni calendariali. Considerate le domeniche, scenderemmo a quota 20-24». Ma non solo. «Le colf hanno le festività pagate extra, mentre noi no - rimarca De Carlo - senza considerare che in quest’ambito vanno incluse pure le retribuzioni maggiorate per i notturni. Anche lì, per i piloti nulla». Insomma, altro che privilegiati.
E poi, il 77% degli italiani, fanno notare sempre Anpac e Up, riportando i dati di un sondaggio Ispo del 15 settembre (si era in piena trattativa), «ritiene che i contratti di piloti e assistenti di volo andrebbero uniformati a quelli in vigore nelle altre compagnie europee», con parametri retributivi inferiori. In linea, puntualizzano, con la loro disponibilità alla decurtazione dello stipendio fino al 30%. Già. Peccato che gli stessi italiani, nello stesso sondaggio, abbiano espresso, nel 63% dei casi, la loro preferenza per il «piano Fenice» rispetto al fallimento della compagnia aerea. Come la mettiamo? «Be’, si capisce - è la replica -. I cittadini non conoscono bene la proposta e, dinanzi all’ipotesi disastro, rispondono così». Sarà.
Intanto, i due principali sindacati di categoria ribadiscono di non aver mai esultato per il ritiro di Cai. Pronti però a ricordare che «non ci convince una parte del loro piano». In primis, riduzione delle tratte a lungo raggio, «dove arrivano i proventi maggiori», e «drastica riduzione degli aeromobili: da 230 a 153». In contemporanea, il leader dell’Anpac, Fabio Berti, si dice «d’accordo sull’ipotesi di un partner straniero, perché si anticiperebbero i tempi, visto che Alitalia deve entrare in una grande alleanza internazionale». Ma «fino a quando non ci sarà una volontà politica chiara», avverte, «nessun vettore straniero potrà fare una proposta. E le risposte negative date al commissario Fantozzi da Air France-Klm, Lufthansa e British Airways, erano scontate. Nessuno comprerebbe un’azienda che deve operare in un Paese con un governo non favorevole».
Detto questo, Berti assicura: «La nostra posizione non è intransigente. Noi vogliamo poter seguire spiragli per trovare una soluzione alla trattativa».

Per farlo, aggiungono dagli uffici di Parco dei Medici, «dobbiamo parlare direttamente con Silvio Berlusconi, perché forse non è stato informato bene dai suoi collaboratori di quanto finora successo. Non ci resta che appellarci a lui per evitare che Alitalia diventi una sorta di low cost».

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