I pirati della Rete finiscono in cella È giusto? Di' la tua

Gli Usa chiudono la piattaforma di condivisione di file Megaupload fondata da Kim Dotcom, arrestato in Nuova Zelanda. Ma è giusto? Io dico sì: le regole servono / C. Lottieri. Io dico no: "Scaricare" non è un furto / G. Marino SONDAGGIO E' giusto punire i siti di condivisione dei file? VOTA

I pirati della Rete finiscono in cella È giusto? Di' la tua

Mentre negli Stati Uniti il dibattito sull’opportunità di combattere la pirateria informatica col pugno di ferro continua e il Senato di Washington rimanda il voto sulle proposte di legge in materia di tutela di copyright, l’Unione europea difende il download libero, la chiusura di Megaupload e Megavideo da parte del Fbi è salutata con favore dal presidente francese Nicolas Sarkozy e, infine, il gruppo di hacker Anonymous sferra la sua rappresaglia mettendo fuori uso il sito del Bureau.

Oltre che quelli di: Ufficio del copyright, Dipartimento della Giustizia Recording industry of America, Motion picture association of America, Universal music e Warner music. Si è trattato, hanno detto i «pirati» su Twitter, di un attacco «al quale hanno partecipato oltre 5.630 persone in tutto il mondo».

Le autorità americane accusano i responsabili di Megauploud di vari reati e di far parte di «un’organizzazione criminale responsabile di un’enorme rete di pirateria informatica mondiale che ha causato danni al diritto d’autore per oltre 500 milioni di dollari». Ma anche e soprattutto di aver guadagnato illecitamente 175 milioni di dollari con la vendita di spazi pubblicitari e sottoscrizioni premium. Ora il fondatore dell’archivio/piattaforma di condivisione, il ricchissimo «dio del file-sharing» Kim Dotcom, arrestato con alcuni soci in Nuova Zelanda su mandato del Fbi, rischia decine d’anni di prigione.

Per Luca Neri, autore del libro inchiesta «La baia dei pirati» (Cooper editore), «quello che sta succedendo dimostra che è esplosa la fase due della battaglia delle multinazionali dell’audiovisivo, quella contro gli intermediari, come Megaupload ma anche YouTube, che viene dopo quella contro i singoli utenti». «L’Italia - osserva ancora Neri - è stata il banco di prova di questo genere di azione. Poiché le leggi sulla privacy vietavano di dare gli indirizzi Ip delle persone che scaricavano dalla rete, la strategia si è ampliata ai provider a beneficio dei detentori di diritti. L’Italia è stata dunque un campo di battaglia che ha creato dei precedenti». Insomma, conclude l’esperto, che comunque non difende a spada tratta Megaupload («sono uomini d’affari, anche se un po’ particolari»), le reti digitali ci pongono di fronte a un bivio: «non possiamo avere al contempo la tutela del copyright e la rete libera; bisogna scegliere».

E mentre in Nuova Zelanda Kim Dotcom e i suoi colleghi affrontano un processo che è già un evento mondiale, il Commissario europeo per le nuove tecnologie, Neelie Kroes, critica la chiusura di Megaupload.com.

Di parere diametralmente opposto Enzo Mazza, il presidente di Fimi (Federazione industria musicale italiana, associata alla Confiundustria), che, in piena sintonia con Sarkozy, parla di «importante risultato nella lotta alla pirateria e nello sviluppo dei contenuti digitali legali».

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