I pm antimafia la criticano? Boccassini sceglie la poesia

Alle rimostranze dei magistrati del suo pool raccolte dal Giornale «Ilda la rossa» risponde inviando una copia dell’articolo e un sonetto

«Io sono il padrone del mio destino, io sono il capitano della mia anima». Finisce così la poesia del poeta inglese William Ernest Henley (1849-1903) che si intitola «Invictus». È la poesia resa celebre dal film che oggi porta lo stesso titolo: perché è la poesia che Nelson Mandela, l’eroe della lotta antiapartheid in Sudafrica, teneva con sé nei decenni trascorsi in carcere, e che regalò al capitano della nazionale di rugby Francois Pienaar. Ed è la poesia con cui Ilda Boccassini, procuratore aggiunto della Repubblica, risponde alle notizie di stampa sui malumori che serpeggiano all’interno della Direzione distrettuale antimafia, il pool di magistrati specializzati che da qualche mese ha avuto l’incarico di guidare.
Delle tensioni interne al pool aveva riferito il Giornale nell’edizione di sabato scorso, raccontando di una riunione dai toni piuttosto accesi svoltasi a Palazzo di giustizia: in sostanza, a suscitare perplessità all’interno della squadra, affermava l’articolo, sono più che le scelte investigative i modi a volte bruschi con cui la dottoressa interpreterebbe il suo ruolo. Nei giorni successivi, Ilda Boccassini ha diramato a tutti i componenti della squadra il testo dell’articolo del Giornale, allegando come risposta «una poesia che mi ha accompagnato nei passaggi più duri della mia vita».
Il procuratore aggiunto non indicava nè titolo nè autore, ma ai suoi sostituti sono bastati pochi versi per riconoscere la poesia di Henley. Ed è stato facile capirne il significato: una orgogliosa rivendicazione delle proprie ragioni, e della propria volontà di affermarle anche di fronte alle avversità e alle polemiche. Alcuni dei componenti della Dda hanno risposto a stretto giro di posta, manifestando la loro vicinanza al capo, accusando il Giornale di avere attaccato la Boccassini «per evidenti ragioni». E soprattutto protestando per la fuga di notizie su una riunione che doveva - come tutte le riunioni del pool antimafia - restare assolutamente riservata, perché non vi si parlava solo dei rapporti interni all’ufficio ma anche di indagini delicate ed ancora in corso. Come possiamo serenamente discutere tra di noi, dicono in sostanza i sostituti, se poi tutto finisce sulle pagine dei giornali?
Per la Direzione distrettuale antimafia si tratta, d’altronde, di un momento delicato. Sul tavolo dei pm e del procuratore aggiunto si trova una lunga serie di inchieste che ruotano tutte - da diversi punti di vista - intorno allo stesso tema: i rapporti tra la criminalità organizzata, l’imprenditoria «pulita» e il mondo della politica.

Da questo punto di vista le due puntate dell’indagine Parco Sud - che hanno portato alla luce i legami tra le cosche calabresi di Buccinasco e Trezzano con esponenti sia del centrosinistra che del centrodestra - hanno costituito probabilmente solo l’antipasto. Comprensibile, quindi, che da parte dei pubblici ministeri - mugugni a parte - l’esigenza di poter lavorare senza clamori sia considerata prioritaria, e come tale difesa con fermezza dalle «curiosità» esterne.

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