I quaderni di scuola finiscono al museo

Unico in Italia, espone documenti da 36 Paesi. Il più antico è britannico, del 1773

I quaderni di scuola finiscono al museo
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Come i bambini hanno vissuto la loro infanzia, lo si scopre anche dai loro quaderni, specchio dei luoghi e dei tempi in cui sono cresciuti. Specchi poliedrici, talvolta con riflessioni che non ti aspetti e desideri che paiono gli stessi in ogni epoca: giocare all'aperto e in compagnia degli amici. Perché va visto il primo e unico Museo del Quaderno: si trova in via Broletto 18 (attenzione a non picchiare la testa varcando il portoncino d'ingresso, è a misura di bambino), lo si può visitare nel fine settimana prenotandosi sul sito. Uno scrigno di pochi metri quadrati contiene quaderni da 36 Paesi, il più antico è del 1773 e arriva dall'Inghilterra, dietro una porta l'archivio con 2.500 documenti. «Sono in parte donazioni, in parte acquisti che l'associazione Quaderni aperti ha fatto dal 2014 - ha spiegato Thomas Pololi che ha iniziato a collezionarli dal 2004 - Dapprima con il passaparola, poi è entrata in gioco la rete». L'intento? «Dare risalto alla voce dei più piccoli e imparare ad ascoltarli». È dedicata a Milano la prima mostra allestita da quando il museo ha aperto, un mese fa. Ci sono pannelli che ingrandiscono le frasi e ci sono i quadernini da sfogliare. «Quando scende la nebbia sono molto felice perché non si vede la città ed io posso immaginarmela come credo: come una campagna, una grossa fattoria, una spiaggia, una città del mondo di domani» (da un lavoro di gruppo di una quarta elementare, 1979). È del luglio 1980 il tema di una bambina «Un episodio che mi ha vivamente impressionato» e che lei ha intitolato «Stavo andando sotto a una macchina» («sbadatamente sono andata avanti tranquilla perché non avevo visto macchine. Ecco che avanzai da sola mentre mia mamma, mio papà e Andrea erano rimasti al semaforo»), da quel giorno in cui lei «corse verso il marciapiede e si sentì come morta» non inforcò più le due ruote.

Fra i più spiritosi la considerazione sul Duomo fatta da un alunno di quinta, nel 1971: «Oggi Ricciardo ha detto che se si grattano le pareti (del Duomo) si vede sotto il rosa, quindi manderei un'armata di grattori a pulirlo bene». Un bell'8 e mezzo ha meritato il tema di Federico Cogliati, quarta elementare nel 1970: «Come si può pensare che utilizzi il suo tempo libero un bambino della mia età? Giocando, però un gioco non da farsi a casa ma all'aperto, la mia passione è il pallone ma in questa città le case sono in continuo aumento, nei prati è vietato calpestare l'erba e in strada non si può per via del traffico». La cementificazione di Milano appare anche nell'«Intervista a chi vuoi tu» (titolo del tema di una quinta, nel 1960) in cui l'alunno fa parlare la Madonnina del Duomo che risponde: «Penso siano costruzioni importanti perché gli uomini di Milano sanno usare bene l'intelligenza che possiedono». Dal resto del mondo: i diari giapponesi condivisi, «Kokan nikki» scritti da due studentesse delle superiori di Nara, nel 1987: ritraggono la rockstar Madonna e riportano stralci delle canzoni più famose. C'è la lettera di una bambino tedesco del 1943 al padre soldato, con il disegno del treno e l'immagine del padre e c'è il testo «Addio al leader», un dettato che uno scolaro di Odessa ha scritto in occasione dell'anniversario della morte di Lenin. Diverse le testimonianze della guerra.

Scrive una ragazza, nel 1931: «Ieri sera era una brutta giornata e pioveva, sicché non vi fu neanche un allarmino.

Oggi il sole splende un po' timido e ci sono già stati tre allarmi. Io non riesco a capire come si fa a vivere in codesta maniera: voglio uscire, prima piove e non posso, poi vi sono gli allarmi e non posso ancora. Cosa devo fare tutto il giorno?».

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