Politica

I rapitori si rifanno vivi: «Pagate, niente scherzi»

Dopo quasi dieci anni torna l’incubo Anonima. L’ultimo vero caso fu quello di Silvia Melis

Daniele Casale

da Sassari

È al buio chissà dove, forse in una delle grotte del Supramonte o in un anfratto della Barbagia. Giovanni Battista Pinna ormai da due giorni è in mano ai suoi rapitori, che martedì pomeriggio lo hanno prelevato mentre si trovava nel suo ovile di Bonorva, nel Sassarese. Gli inquirenti ne sono certi: si tratta di un vero sequestro di persona, di quelli che in Sardegna mancavano (fatta eccezione per il rapimento lampo dell'agosto 2005 in Ogliastra) da quasi dieci anni, quando venne prelevata sotto gli occhi del figlio Silvia Melis. Protagonista, anche questo ormai sarebbe un altro punto fermo, l'Anonima sarda tornata sulla scena dopo due lustri di silenzio.
La vittima è un allevatore di 37 anni, la cui famiglia già in passato aveva conosciuto la tragedia del sequestro di persona con altri due familiari finiti nel mirino dei rapitori. Ma anche l'Anonima si evolve e se prima chiedeva riscatti astronomici, ora si può «accontentare» anche di 300mila euro. Altra novità rispetto al passato, la telefonata che l'allevatore avrebbe fatto alla famiglia poche ore dopo il rapimento, invocando il pagamento del riscatto per evitare la morte. Ieri le ricerche sono continuate per tutta la giornata e già di mattina una svolta: la Fiat Punto azzurra di Pinna, sulla quale i sequestratori lo hanno caricato, è stata trovata a diversi chilometri di distanza, a metà tra Bonorva e Foresta Burgos, all'interno del terreno di un pastore. L'utilitaria è stata esaminata attentamente dai militari di uno squadrone dei Cacciatori di Sardegna e dal comandante del Ris di Cagliari. E sempre ieri si è appreso che una seconda telefonata con la stessa richiesta di riscatto per il rilascio è arrivata martedì sera intorno alle 21. A parlare, questa volta, non Pinna ma uno dei malviventi, che chiamava da una cabina telefonica da una via del pieno centro di Nuoro, localizzata poi dai carabinieri.
Intanto ieri gli inquirenti, con la Direzione distrettuale antimafia in testa, hanno deciso per il blocco dei beni della famiglia di Pinna, un atto dovuto quando viene accertato il sequestro di persona a scopo di estorsione. E nella caserma della compagnia di Bonorva per tutto il pomeriggio di ieri si è tenuto un vertice fra la stessa Dda, i carabinieri e la polizia di Sassari per fare il punto sulle indagini e pianificare l'azione da attuare nelle prossime ore per la liberazione dell'allevatore. Si è anche appreso che Pinna, contrariamente a quanto si pensava all'inizio, non sarebbe stato rapito mentre entrava all'ingresso ma quando si trovava all'interno. L'ipotesi è stata formulata dal magistrato cagliaritano Mario Marchetti, dopo un sopralluogo effettuato nel primo pomeriggio nell'azienda agrozootecnica di Pinna. A Bonorva intanto il paese è sgomento e il sindaco Mimmino Deriu, durante un consiglio comunale straordinario, ha lanciato un appello ai rapitori di Battista, come viene chiamato l'allevatore nel piccolo centro del Sassarese: «Saranno padri e figli anche loro, pensino al dolore della comunità e della sua famiglia.

Faccio appello anche alla Regione e al governo perché facciano più attenzione a un territorio di ventimila abitanti e perché forse sono distratti da cose che ritengono più grandi e importanti».

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