da Milano
Frutta e verdura: +50 per cento in 3 anni; pane: +13,2% in 6 mesi; latte: +11,8%; carne: +10%; pasta: +30,4%. Più del listino prezzi al supermercato sotto casa, suona come un attentato al portafogli del (povero) consumatore italiano. E così il ministro delle Politiche Agricole, Luca Zaia, dalle pagine del Giornale ha lanciato un salvagente alle famiglie, da appendere al carrello della spesa nella grande distribuzione. La proposta? «Dare vita a un paniere di beni low cost. Ad esempio, determinare un tipo di pasta, da vendere a prezzo più basso». Semplice - continua il ministro -, «invece di fare la confezione da mezzo chilo si fa quella da cinque chili, scegliendo magari il prodotto non di primissima gamma. Inoltre, niente pubblicità, e pazienza per il packaging. Ci accontenteremmo di una confezione un po anonima in cambio di uno sconto del 30 per cento sullo scontrino».
Iniziativa contro il caro-prezzo che «non coglie impreparata» Federdistribuzione, lorganizzazione che le principali aziende della Gdo nel nostro Paese, fino al 73 per cento del fatturato totale del settore. «Siamo pronti a sederci a quel tavolo auspicato dal ministro con tutti gli attori della filiera produttiva, così come siamo disponibili ad accogliere questa e altre idee a sostegno di una politica dei prezzi competitiva», riferisce il direttore generale di Federdistribuzione, Massimo Viviani. «A condizione però che si parta dalla consapevolezza che il mondo della grande distribuzione italiana è caratterizzato da un fortissimo grado di concorrenza, come peraltro certifica lAntitrust. Perciò è un errore parlare di posizioni dominanti o addirittura di monopoli. Secondo, che non si intervenga nella logica di prezzi amministrati dallalto e non si adottino misure di sostegno ai produttori inefficienti, che ci porterebbero fuori dallEuropa e dalle logiche di mercato». Unapertura netta, dunque, alle posizioni dellesponente del governo, con unulteriore precisazione: «Federdistribuzione sta promuovendo, fino alla fine dellanno e con inizio dallo scorso maggio, una campagna di promozioni su tutto il territorio italiano, con sconti tra il 10 e il 40% su almeno una referenza per ognuna delle 19 categorie colpite dai rialzi e che poi costituiscono le principali voci di spesa delle famiglie. In aggiunta alla scala di convenienza tra fascia top marca e primo prezzo. Complessivamente, sono coinvolti 13mila punti vendita. Su questa strada si può proseguire».
Le conseguenze della crisi tra gli scaffali si stanno già facendo sentire. A fronte di aumenti medi del 4,3% negli ultimi due mesi sui beni di prima necessità, le vendite sono ferme ai livelli di stagnazione e i fatturati calano in maniera preoccupante. Una porzione significativa della produzione, cioè gli imprenditori artigianali, riconduce la situazione alle responsabilità della stessa Gdo: «I ricarichi sui prodotti alimentari finiti toccano anche punte dell80 per cento per ogni referenza - giura uno di loro -, quando normalmente sarebbero più che sufficienti quote del 30-40%. A pagare, come sempre, è il consumatore finale. Che compra altrove o smette di comprare».
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