«Si può morire così a ventanni?». Langoscia di chi ha assistito alla mattanza, tradotta in un biglietto sullasfalto davanti al civico 6 di via Messina. Quello che resta nel day after degli spari e del terrore per le strade della Chinatown milanese, un sabato che solo allapparenza è come tutti gli altri. File di uomini e di donne sulla soglia dei parrucchieri, folla nelle agenzie di viaggio per prenotare i weekend in stile occidentale, ressa nelle edicole a scegliere il dvd della serata.
Zhao esce dal negozio con il rifacimento in lingua mandarina di un famoso film di Tarantino, sulla copertina leroe dagli occhi a mandorla impugna una pistola per mano. Armi che venerdì pomeriggio sono uscite dalla finzione e si sono fatte sentire in mezzo ai passanti, tra i milanesi che ora non ce la fanno proprio più e pensano di preparare le valigie. Unesecuzione tra bande di «seconda o terza generazione», dicono gli inquirenti, rampolli coi capelli colorati e molte banconote in tasca. La corsa di Zheng e Wei, vittime dellagguato di due giorni fa, si è interrotta dopo poche centinaia di metri, opera di spietati coetanei. Figli della Repubblica Popolare spesso nati qui in Italia, pronti a tutto in cambio di soldi facili. Altro che i loro genitori chiusi giorno e notte nelle botteghe, per tirare a campare.
Del resto via Messina ha tutta laria di essere il cuore multiservizi di Chinatown, città nella città, dove la comunità locale si ritrova il sabato a spendere tra internet point e magazzini dove trovi di tutto, locali coi videopoker sul retro assieme a chissà cosaltro. I residenti di ViviSarpi hanno bussato saracinesca dopo saracinesca, e alla fine hanno scoperto che le «occupazioni cinesi nella via raggiungono il 66 per cento sul totale degli esercizi», media tra le più alte del quadrilatero. Mentre scompaiono «funzioni finalizzate a soddisfare le richieste di tutti i residenti», sostituite da attività a uso e consumo «di una sola etnia».
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