(...) In quasi tutte le questure, in quasi tutte le squadre mobili dItalia, una sezione catturandi cè. A Genova invece cera. Ora non cè più neppure quella sezione che si occupava «anche» dei catturandi. Fino a qualche anno fa, le pratiche finivano tutte alla sezione omicidi, che a capo aveva e ha tuttora Alessandra Bucci. Grado vicequestore, come il Claudio Amendola della fiction. Accento ruspante da trasteverino/a, come lui. Aria da duro/a con sentimenti da buono/a, come lui. Sorriso da romanaccio/a stracciacuori, e magari anche faccia da prendingiro, come il protagonista di «48 ore».
Sarebbe stata perfetta la location. E pure il copione, con il protagonista che sembrava la fotocopia al maschile delloriginale. Peccato che però tutto questo non esista più. Perché, per dirla alla Bucci-Amendola, alla squadra mobile di Genova, «ognuno si fa li catturandi sua». Chi è ricercato per spaccio e reati simili viene inseguito dalla sezione narcotici, chi ha problemi di malavita ad alto livello se la deve vedere con gli uomini della «criminalità organizzata», chi si è cacciato nei guai con prostituzione, sesso e reati sui minori è ricercato da quella che un tempo si chiamava «buoncostume». Sì, anche il vicequestore Alessandra Bucci «cha li catturandi sua», ma solo accidentalmente, quando cè gente con omicidi o gravi fatti di sangue sulle spalle.
A fare i pignoli, insomma, la questura di Genova non era forse quella ideale per essere rappresentata nella nuova fiction. Ma tantè lattesa cresce. Anche perché gli «sbirri» che si vedono interpretati in tv sono tra i più curiosi. Magari non lo ammettono, ma per martedì sera hanno già prenotato divano e telecomando. Non fosse altro per andare a caccia di errori nella sceneggiatura. Che ci sono, inevitabilmente, quando si deve rendere «televisivo» uno spaccato di vita quotidiana. A maggior ragione se di quella vita passata dietro una divisa. E così, nel palazzone di via Diaz, qualcuno ha già trovato unaltra cosa che proprio nella fiction non va. È nientemeno che il titolo.
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