L’hanno intercettato per un anno e mezzo e devono aver riempito chilometri di nastri. Ugo Bonazza, grande amico del principe Vittorio Emanuele, parla come un fiume in piena. Difficile contenerlo, mentre mitraglia di parole l’interlocutore. Più che un’intervista, il colloquio è il tentativo di costruire un argine. Bonazza è stato arrestato con il figlio di re Umberto nell’estatedel2006. E come il Savoia, pure questo piccolo imprenditore è uscito indenne da un’indagine che sembrava più frastagliata del delta di un fiume amazzonico. Corruzione, associazione a delinquere, iMonopolidiStato,laprostituzione, filonisufiloni.L’inchiestacondotta da Henry John Woodcock, almeno sul suo lato, è finita in nulla. Ma anche Bonazza se la passa male. «Nell’estate del 2006 la mia società dicosmeticifunzionavaameraviglia. Fatturavo 6 milioni di euro l’anno e avevo redditi sui 160 mila euro. Stavo benissimo.Oggisonosullastrico:iorifornivo l’Oréal e i francesi, appena scoppiato lo scandalo, mi hanno detto: “Non farti più vedere”. Per tutto questo devo ringraziare Woodcock, Woodcock che mi ha rovinato».
Qual era il suo ruolo secondo la Procura di Potenza?
«Vede, loro mi hanno appiccicato addosso le cimici nell’autunno del 2004 e sono andati avanti fino all’estate del 2006. Ma sa quante cose si dicono, quante fesserie si sparano, quanti progetti si inseguono in tutto questo tempo?»
Non mi ha risposto.
«Woodcock si era messo in testa che io fossi il capo della banda».
Invece?
«Non ero il capo perché non c’era la banda».
Troppo comodo, no?
«Piuttosto:laverità.Certo, insieme al principe e ad alcuni amici coltivavamo dei progetti, eravamo anche un po’ megalomani, ma i pm vedevano il nero dove il nero non c’era.Posso farle un esempio?
Prego.
«Il Savoia mi dice: “Guarda che io conosco un colonnello che è cugino di Gheddafi”».
E allora?
«Riflettiamo e pensiamo di poter partire per primi con il turismo, sfruttando quel rapporto, con la Libia che in quel 2005 si sta aprendo al mondo. O almeno così pare. Per la Procura però quel progetto, poi naufragato, è obliquo come tutto quello che noi facciamo. Secondo la Procura noi corrompiamo, ricicliamo, sfruttiamo le zoccole».
Le intercettazioni a proposito delle signorine sono diventate famose.
«Guardi: il principe, la famosa zoccola di cui parlavano i giornali, non l’ha mai vista,non sa neanche chi sia. Chiacchiere su chiacchiere ».
Un passo indietro: come ha conosciuto Vittorio Emanuele?
«Siamo compagni di mutanda da vent’anni».
Compagni di mutanda?
«Short, pantaloni corti, costume, come vuole lei. Da vent’anni ci ritroviamo sull’isola di Cavallo in Corsica. Siamo diventati amici, anche se lui è nei libri di storia, appartiene alla famiglia reale, e io sono un plebeo che è si è fatto dal nulla in Veneto. Sono tutti invidiosi».
Addirittura? Ma di cosa poi?
«Del fatto che siamo amici. Sparlano tutti di Vittorio Emanuele, poi sottobanco mi dicono: “Me lo presenteresti?”»
Insomma, cosa avevate combinato?
«Per Woodcock una sfilza di reati. Corruzione, riciclaggio, associazione a delinquere. Secondo lui uno volevamo mettere le mani sui casinò, poi avevamo corrotto pezzi dello Stato per ottenere un trattamento di favore dai Monopoli, poi non so che altro».
Lei è stato arrestato con il principe?
«Mi sono consegnato dopo. Hanno scritto che ero latitante, in realtà ero in Francia per lavoro».
Dunque, latitante.
«Sono finito in cella con il principe e il suo segretario. Ma solo per pochi giorni».
Poi?
«Arresti domiciliari. Un mese chiuso in casa, un altro con la possibilità di andare al lavoro. Pensi che il giorno in cui ho riacquistato la libertà, il 14 ottobre, per l’euforia sono finito sotto un tir».
Sotto un tir?
«Sì, mi hanno squartato, mi hannomesso una placca vicino al femore e mi hanno rimesso in sesto ».
Le indagini?
«L’inchiesta è stata spacchettata e divisa in tre tronconi. Il primo, in cui mi accusavano di corruzione e sfruttamento della prostituzione, è approdato a Como. E a Como i Pm hanno subito chiesto e ottenuto dal gip l’archiviazione».
Il secondo?
«Ancora corruzione, ai Monopoli di Stato».
Risultato?
«Idem come sopra. Archiviazione senza nemmeno arrivare a processo ».
Il terzo?
«L’associazione a delinquere. Per unpo’èrimastaaPotenza,poiabbiamo posto il problema della competenza ed è finita a Roma. Qui con il ritoabbreviatohoavutol’assoluzione, sollecitata dallo stesso pm. Che le devo dire? Sono stati cinque anni di umiliazioni, di sofferenze, di patimenti.
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